E' una storia che gli è già costata il licenziamento e, ora, un processo che si è concluso con la sua assoluzione per non aver commesso il fatto. E' la sentenza del giudice Graziamaria Monaco - il vpo Rescigno aveva chiesto la condanna ad 1 anno - nel rito abbreviato a carico di un 34enne di Pietrelcina, accusato di interferenza illecita nella vita privata.
Non ho collocato io quella telecamera nel bagno delle donne, aveva sempre sostenuto il giovane che, difeso dall'avvocato Spartico Capocefalo, era stato chiamato in causa per ciò che avrebbe fatto nel 2018. Quando, mentre era dipendente di un'azienda – è stata assistita dall'avvocato Marcello D'Auria -, avrebbe installato una telecamera nella toilette riservata alle colleghe di lavoro.
L'apparecchiatura era però stata scovata, comprensibile il timore che fino a quel momento avesse registrato immagini di intimità. Una circostanza che, per fortuna, non si era verificata, probabilmente per problemi tecnici. Zero frame, insomma, ma ciò non aveva bloccato la ricerca del responsabile. I sospetti si erano concentrati sull'allora 31enne, diventando talmente forti da spingere l'impresa a licenziarlo. Con una decisione poi confermata dal giudice del lavoro Cassinari anche alla luce delle testimonianze raccolte.
Era scattata, parallelamente, anche una denuncia alla polizia da parte dei titolari della ditta, con l'avvio di un'inchiesta sfociata in una richiesta di archiviazione giustificata dalla Procura con l'incertezza relativa all'identità dell'autore. Era invece stato di diverso avviso il gip Maria Ilaria Romano, che nel luglio del 2019, al termine di una camera di consiglio, grazie alla documentazione proveniente dalla causa di lavoro, aveva disposto l'imputazione coatta, perchè dagli “atti già acquisiti risultano elementi idonei a sostenere l'accusa”. Da qui il processo: oggi la discussione, poi la sentenza di assoluzione, in linea con la richiesta della difesa.