"Tentata concussione a Mataluni", in appello assoluzione bis per Izzo e Petillo

La sentenza per l'ex sindaco di Montesarchio ed un tecnico del Comune, già assolti in primo grado

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Montesarchio.  

Confermata dalla Corte d'appello l'assoluzione, per la quale si era espresso anche lo stesso procuratore generale, che il gup Gelsomina Palmieri, nel dicembre del 2014, aveva stabilito al termine di un rito abbreviato a carico dell'ex sindaco di Montesarchio, Antonio Izzo (avvocati Angelo Leone e Alfonso Furgiuele), e dell'architetto Alfonso Petillo (avvocati Francesco Perone e Fiore Pagnozzi), responsabile del settore tecnico comunale, accusati di tentata concussione.

Il fatto non sussiste, aveva deciso il giudice anche per un terzo tecnico dell'Ente, con una sentenza che il pm Nicoletta Giammarino aveva impugnato solo per Izzo e Petillo, di cui aveva sollecitato la condanna, ma non per l'architetto Luigia Allegretto, all'epoca proposto dalla dottoresa Giammarino per l'assoluzione, diventata già definitiva.

Da qui il giudizio di secondo grado, che ha ribadito l'assoluzione dei due imputati, nelle cui condotte non è stato ravvisato alcun abuso di potere. L'accusa era stata infatti prospettata rispetto ad alcuni atti amministrativi che sarebbero stati adottati fino all'ottobre 2012 per l'esecuzione di provvedimenti riguardanti gli immobili della società del gruppo Mataluni nell'area Pip di via Badia (Mataluni Spa, Fabio Mataluni &Co. Sas; Iobm srl ed Enemont scarl); atti che, secondo la Procura, avrebbero determinato “conseguenze estremamente dannose sotto il profilo patrimoniale e dello sviluppo economico delle aziende”.

Il tutto – sosteneva l'accusa - per cercare di “costringere Vincenzo Mataluni, consigliere comunale di maggioranza fino al dicembre 2005 e poi di opposizione, amministratore delegato delle società del gruppo Mataluni dal 28 maggio 2010, di cui il fratello Biagio era presidente del Cda, a non svolgere un'azione di contrasto politico all'attività dell'ente in materia di opere pubbliche”.

Un contrasto derivante, a detta degli inquirenti, “dalla denuncia del consigliere Mataluni che tale attività in materia di opere pubbliche era strumentale alla valorizzazione del patrimonio immobiliare delle società della famiglia Izzo e, in particolare, alla valorizzazione degli immobili siti nel centro storico”. Un'accusa che, come detto, è completamente caduta nei due gradi di giudizio, così come chiesto dai difensori, che hanno sempre sottolineato come l'intensa attività amministrativa avesse come unico obiettivo la tutela del territorio rispetto ad una serie di attività edilizie.

Per Biagio e Vincenzo Mataluni, parti civili, l'avvocato Luigi Signoriello.