Gedi, il "pirata", lavora, è integrato e non è pericoloso

Non convalidato il trattenimento a Roma del giovane somalo che da anni vive a Benevento

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Benevento.  

Le ultime notizie sul suo conto risalivano a metà febbraio, quando Gedi, il "pirata" somalo che da circa un anno, dopo aver scontato la sua pena, lavora a Benevento con la cooperativa Sale della Terra, era tornato in città grazie alla sospensiva, decisa a Bari, del provvedimento di espulsione a suo carico.

Una tappa positiva in un percorso che è poi diventato nuovamente complicato: prima con la convalida del decreto di espulsione firmata dal giudice di pace di Benevento, che lo aveva ritenuto socialmente pericoloso, poi con l'esecuzione del provvedimento ed il suo trasferimento a Roma, nel centro di Ponte Galeria. Che ora ha però lasciato, perchè il giudice del Tribunale di Roma, Giuseppe Ciccarelli, non ha convalidato il suo trattenimento, così come avevano chiesto gli avvocati Giovanni Romano, Alessandro Ferrara e Cecilia Del Grosso.

Il giovane, che ha avanzato domanda di protezione internazionale, era stato arrestato alcuni anni fa per aver attaccato una nave italiana al largo delle coste africane. “Io purtroppo ero sul mercantile e sono stato sequestrato; le mie scelte sono state condizionate da persone che minacciavano di farci del male; anche altri hanno subito la mia sorte”, ha detto al magistrato. Finito in carcere con una condanna definitiva, era stato liberato nel giugno del 2020. “Io vivo a Benevento, la cooperativa mi ha dato lavoro e alloggio. E mi ha consentito di integrarmi nella comunità”, ha aggiunto.

Secondo il giudice, “il percorso carcerario e la successiva integrazione nel contesto territoriale di riferimento nonché la rete di inclusione sociale (ed affettiva) di cui lo straniero ha saputo farsi parte attiva convincono della assenza di pericolosità sociale dello stesso (valutazione, peraltro, convergente con quella più volte espressa, in precedenza, nei provvedimenti della magistratura di sorveglianza)”.

E ancora. “A prescindere dalla fondatezza dei motivi di protezione esposti dal ricorrente (in ogni caso presente, nel provvedimento di rigetto della Commissione territoriale di Caserta, l’opinione dissenziente del componente UNHCR), egli risulta essere in Italia da parecchi anni, con un apprezzabile periodo, decorrente dal maggio 2018, di autorizzazione a svolgere attività lavorativa fuori dall’ambiente carcerario (e, successivamente, di detenzione domiciliare), circostanze che, unitamente alla disponibilità alloggiativa e ad un contesto di riferimento accudente e protettivo, escludono, nei limiti consentiti dalla presente procedura, il pericolo di fuga nelle more della procedura”. Da qui la mancata convalida del trattenimento.