Dal carcere, nel quale è rimasto per poco meno di undici mesi, ai domiciliari, peraltro fuori provincia. Attenuata dal gip Loredana Camerlengo la misura a carico di Antonio Libardi, 60 anni, di Sant'Agata de' Goti, titolare di un impianto di autodemolizione, arrestato dai carabinieri il 21 maggio dello scorso ano con l'accusa di tentato omicidio del figlio Giuseppe, 27 anni, centrato ad una spalla, per fortuna senza gravi conseguenze, da un colpo sparato da una pistola calibro 38.
La decisione è stata adottata alla luce del comportamento dell'indagato e delle sue condizioni di salute, al centro di una consulenza della dottoressa Noemi Razzano prodotta dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Danilo Riccio. Libardi era stato colpito da una ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Di Carlo, su richiesta del sostituto procuratore Patrizia Filomena Ros a, e successivamente confermata dal Riesame.
L'arma non era stata rinvenuta nell'immediatezza ma a distanza di venti giorni, quando i militari l'avevano scovata, munita di due cartucce, nell'intercapedine del portellone posteriore di una Fiat Punto, uno dei pezzi di ricambio presenti nell'attività commerciale. Un'arma con matricola punzonata che l'allora 59enne non avrebbe potuto detenere, con la quale avrebbe fatto fuoco.
Libardi era rimasto in silenzio dinanzi al giudice durante l'interrogatorio di garanzia, lasciando agli atti solo le dichiarazioni rilasciate quando era stato fermato e sottoposto allo stub dai carabinieri, ai quali aveva raccontato di aver sparato perchè temeva che i ladri stessero rubando nel suo capannone, dove c'era invece il figlio. Una ricostruzione incrociata con quella resa dalla vittima, che aveva dato l'allarme al 112, e di altri familiari, vagliata anche attraverso le immagini di una telecamera che lo aveva ripreso sotto un porticato, mentre camminava.