AGGIORNAMENTO 5 GENNAIO 2022
Revocato dal Tribunale l'obbligo di firma per Cosimo Parrella (avvocato Gerardo Giorgione), 46 anni.
AGGIORNAMENTO 12 NOVEMBRE
Rimessi in libertà dal Tribunale - erano ai domiciliari-, con l'obbligo di firma, Armando Piscopo, 45 anni, e Ivano Nizza, 47 anni, entrambi difesi dall'avvocato Antonio Leone.
Stessa sorte per Pasqualino Parrella, 42 anni, Vincenzo Collarile, 62 anni, difesi dagli avvocati Angelo Leone e Grazia Luongo, e Cosimo Parrella (avvocato Gerardo Giorgione), 46 anni. Si tratta di quattro delle cinque persone a giudizio nell'inchiesta antiusura rimbalzata a gennaio all'attenzione dell'opinione pubblica.
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La richiesta, avanzata dal sostituto procuratore Giulio Barbato, è stata accolta dal gip Gelsomina Palmieri, che ha fissato per il 21 maggio, se nel frattempo non ci sarà il ricorso a riti alternativi, il giudizio immediato a carico delle cinque persone di Benevento arrestate il 14 gennaio nell'inchiesta antiusura (contestate anche l'estorsione e la tentata estorsione) diretta dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e condotta dalla squadra mobile e dalla guardia di finanza.
Si tratta di Vincenzo Collarile, 62 anni, Pasqualino Parrella, 42 anni – entrambi difesi dagli avvocati Angelo Leone e Grazia Luongo -, Armando Piscopo, 45 anni, Ivano Nizza, 47 anni – sono assistiti dall'avvocato Antonio Leone (per Nizza con l'avvocato Claudio Fusco) - e Cosimo Parrella (avvocato Gerardo Giorgione), 46 anni. Tutti erano finiti nel carcere di contrada Capodimonte, che avevano lasciato dopo diciannove giorni: il 2 febbraio, infatti, il Riesame aveva attenuato la misura a loro carico, disponendo i domiciliari.
Nel mirino degli inquirenti, come è noto, le 'attenzioni' che sarebbero state riservate al titolare di un agriturismo che aveva denunciato di aver subito minacce di morte e intimidazioni, e di essere stato costretto sborsare interessi ritenuti usurari sulle somme avute in prestito per l'impossibilità, dovuta ad un protesto, di accedere al credito bancario. Addebiti che Piscopo, Nizza e Cosimo Parrella avevano respinto durante l'interrogatorio, definendosi tutti amici di vecchia data della parte offesa: in un caso, un legame addirittura fraterno, suggellato dagli auguri di Capodanno.
In particolare, Piscopo aveva ammesso di avergli prestato nel 2011 la somma di 2mila euro, che l'interessato gli aveva restituito in due tranche da 1000 euro ciascuna, e senza alcun interesse usurario, ed aveva precisato il contenuto di una intercettazione, affermando che era stato l'imprenditore a chiedergli di fare da tramite con terze persone alle quali doveva dei soldi.
Nizza aveva escluso di avergli mai prestato denaro ed aveva rivendicato di essere creditore di 800 euro – l'anticipo di una festa che non si era più svolta – e di 750 euro, un importo legato alla vendita di un motorino, mentre Cosimo Parrella aveva fatto presente che il suo stato economico non gli consentiva certo di poter prestare soldi, e di non aver mai saputo che lo zio (Collarile ndr) lo avrebbe fatto.
Scelta opposta, invece, per Collarile e Pasqualino Parrella, che si erano invece avvalsi della facoltà di non rispondere. Nell'inchiesta, scandita anche dalla richiesta di sequestro dei beni di Piscopo, alla quale avevano detto no sia il gip Palmieri, sia il Riesame, sono coinvolte altre dieci persone, per favoreggiamento.