E' dedicato ai problemi che la chiusura delle scuole e la didattica a distanza stanno creando ai nostri ragazzi, l'intervento dell'avvocato Gino De Pietro.
“La stampa nazionale e internazionale da tempo dà notizia dei gravi effetti psicologici negativi della chiusura prolungata delle scuole e della cosiddetta didattica a distanza.
Indagini svolte da università e centri di ricerca hanno evidenziato che la didattica a distanza nuoce sia agli insegnanti che agli studenti.
Ci sono ragazzi che piangono durante il giorno, non dormono bene di notte, ricorrono ai dispositivi elettronici molto più del consueto – che spesso è già eccedente il giusto -, non riescono a concentrarsi, diventano abulici, hanno disturbi del comportamento, contraggono patologie alimentari, diventano aggressivi, e l’elenco dei problemi non termina qui.
Anche gli insegnanti, costretti a lavorare con strumenti non consueti, senza il contatto diretto con gli allievi, spesso in condizioni di segregazione, con strumenti non perfettamente idonei e funzionanti, accusano disturbi, problemi, incertezze, fragilità del tutto anomale.
Ogni giorno per televisione si susseguono senza pausa programmi in cui ristoratori, baristi, albergatori, maestri di sci, negozianti vari si lamentano per le chiusure totali o parziali, accusano il governo per le chiusure e chiedono ristori e risarcimenti immediati ed estesi.
Per mesi le scuole sono state chiuse – e da noi in Campania più che altrove senza adeguate ragioni per tale differenza – eppure non è all’orizzonte alcun intervento “ a sostegno” della “categoria” più importante di tutte: i giovani, che rappresentano il futuro di ogni paese e dovrebbero rappresentarlo anche del nostro.
Il presidente del consiglio Draghi aveva parlato nel discorso per chiedere la fiducia alle Camere della necessità di far recuperare i giorni di scuola perduti agli studenti e più in generale aveva posto la scuola e l’università come priorità nazionali.
Il governo ha ottenuto la fiducia, si è insediato, sta governando da qualche settimana ma, salvo importanti nomine, non ha dato alcun segnale in tal senso, né attraverso il silenzioso presidente, né attraverso il più loquace ministro competente.
Credo che sia giunto il momento – ed anzi c’è da registrare un grave ritardo in merito – di mettere in opera iniziative di ristoro non solo per i ristoratori, gli albergatori e le baite di montagna dove sciano le famiglie di coloro che stanno al governo o dei loro più fervidi sostenitori, ma anche per i poveri studenti italiani, privati, senza loro responsabilità, della loro vita da tempo.
Non possono andare a scuola, non possono fare sport, non possono vedere gli amici, non possono andare a cinema, a teatro, ad una mostra, ad un qualsiasi evento. Da due anni non fanno gite, né escursioni e rischiano di perdere ogni capacità di socializzazione, se non l’hanno già fatto.
Come possiamo ristorarli, visto che gli è stata tolta l’essenza stessa della vita, il senso medesimo della loro fanciullezza, adolescenza, giovinezza, età che non ritornano?
Nessuno venga a offrire denaro ai genitori: non sono i genitori in questione, e non è una questione di denaro.
Gli unici da risarcire, ristorare, indennizzare sono i ragazzi, questo è fuor di dubbio.
In qual modo, visto che si tratta di un tempo irripetibile della vita? Io lancio un’idea: Offrendogli, appena possibile e al più presto una vita migliore: scuole aperte, palestre e piscine gratis, tante gite di istruzione, visite guidate, tessere per il teatro e il cinema, concerti, mostre, corsi di lingua straniera attivi, corsi di recupero e di consolidamento nelle materie INVALSI gratis, eventi ludici, campi solari, laboratori teatrali e musicali, tutto gratis.
I nostri ragazzi debbono uscire da questa situazione di abbrutimento in cui vivono da tempo aiutati da politiche attive di inclusione e di apertura di spazi culturali, ludici, sportivi e di intrattenimento che li facciano incontrare, crescere, vivere bene, recuperare la fiducia in sé e nella vita, quella fiducia che rischiano di perdere nel momento più delicato e importante della loro vita.
Glielo dobbiamo. L’Italia lo deve ai suoi figli se vuole avere ancora un futuro”.