Sono tredici le persone chiamate in causa dall'inchiesta del sostituto procuratore Francesca Saccone e della guardia di finanza sui lavori di adeguamento e completamento della rete fognaria e annessi impianti di depurazione del Comune di San Bartolomeo in Galdo, per un valore complessivo pari ad oltre 3 milioni e mezzo di euro, sfociata in un decreto di sequestro preventivo di beni per un importo di oltre 500mila euro.
Abuso d'ufficio, falso e truffa ai danni dello Stato: queste le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, a Giovanni Diurno, responsabile Ufficio tecnico del Comune di San Bartolomeo in Galdo e presidente della Commissione giudicatrice; Tiziana Catalano e Ivan Verlingieri, componenti della stessa commissione; Marco Valerio, rappresentante legale della 'favellato Claudio Spa e dal 29 marzo 2015 rappresentante della 'Fortore scarl' (la società realizzatrice dei lavori costituita dall'Ati 'Favellato Claudio Spa/ Grz Costruzioni srl', aggiudicataria dei lavori; Salvatore Gallo, rappresentante legale della 'Gpr Costruzioni' e dal 29 marzo 2015 rappresentante della 'Fortore scarl; Carlo Camilleri, direttore dei lavori designato dal Rpt 'General Engineering srl'; Francesco Apicella, direttore operativo indicato dalla stessa 'General Engineering srl'; Gianfranco Marcasciano, sindaco, Marcello Longo e Fedele Del Vecchio, assessori della giunta dell'epoca dei fatti (2014-2016); Giovanni Pepe, presidente, Antonio Pepe e Michelina Masella, membri della Commissione di collaudo, difesi, tra gli altri, dagli avvocati Angelo Leone, Roberto Prozzo, Camillo Cancellario e Angelo De Nisco.
Nel mirino sono finite la gara per l’esecuzione dei lavori e quella relativa alla loro direzione. Secondo gli inquirenti, “ la commissione di gara, al fine di avvantaggiare la società aggiudicataria, attribuiva punteggi non congrui rispetto alle offerte presentate, così penalizzando le altre ditte concorrenti, sia con riferimento all’offerta tecnica per la realizzazione dei lavori, con particolare riguardo alle migliorie proposte, che al criterio della tempistica di esecuzione dei lavori, assegnando il punteggio massimo, a fronte del completamento dell’opera in soli 180 giorni naturali e consecutivi".
Una proposta giudicata "assolutamente inverosimile, tanto è vero che in corso d’opera venivano disposte sospensioni dei lavori ed accordate proroghe dei tempi”, con motivazioni ritenute “non veritiere o comunque non plausibili (mancate autorizzazioni, “sorprese geologiche”, eventi alluvionali ecc.), che di fatto determinavano una notevole dilazione dei tempi di completamento dell’opera, realizzata in 560 giorni, di fatto vanificando il punteggio premiale inizialmente assegnato in sede di aggiudicazione”.
L'attività investigativa avrebbe inoltre consentito “di ricostruire con esattezza l’importo complessivo delle opere che, in fase di esecuzione dei lavori, venivano contabilizzate e quindi pagate e non eseguite, o eseguite in difformità”.