Opere pubbliche contabilizzate e quindi pagate e non eseguite, o eseguite in difformità rispetto a quanto previsto dal progetto e dal capitolato d’appalto, producendo un danno per l’ente ed un indebito vantaggio economico per l’impresa aggiudicataria. Questo al centro dell'indagine coordinata dalla Procura di Benevento e condotte dai militari della Guardia di Finanza a San Bartolomeo in Galdo che hanno portato all'esecuzione di un decreto di sequestro preventivo, anche per equivalente, finalizzato alla confisca, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Benevento su richiesta dei magistrati, per un valore complessivo di 578.204 euro relativo a depositi bancari, titoli finanziari, beni mobili ed immobili nella disponibilità di una società consortile operante nel settore delle “costruzione di opere pubbliche per il trasporto dei fluidi” (fogne) con sede a San Bartolomeo del Galdo e delle relative società consorziate.
Truffa ai danni dello Stato e falso ideologico sono i reati contestati ai responsabili delle imprese, mentre agli amministratori contestati i reati di abuso d’ufficio e falso ideologico.
Nel mirino degli investigatori l’adeguamento ed il completamento della rete fognaria e annessi impianti di depurazione del Comune di San Bartolomeo in Galdo. Opere per un valore di 3.586.915 euro.
Gli investigatori hanno analizzato l’iter di due gare d'appalto: una relativa all’esecuzione dei lavori e l’altra alla loro direzione, “che la commissione di gara – spiega il procuratore capo Aldo Policastro -, al fine di avvantaggiare la società aggiudicataria, attribuiva punteggi non congrui rispetto alle offerte presentate, così penalizzando le altre ditte concorrenti, sia con riferimento all’offerta tecnica per la realizzazione dei lavori, con particolare riguardo alle migliorie proposte, che al criterio della tempistica di esecuzione dei lavori, assegnando il punteggio massimo, a fronte del completamento dell’opera in soli 180 giorni naturali e consecutivi, proposta assolutamente inverosimile, tanto è vero che in corso d’opera, con la compiacenza del direttore dei lavori e degli amministratori locali, venivano disposte sospensioni dei lavori ed accordate proroghe dei tempi, con motivazioni non veritiere o comunque non plausibili (mancate autorizzazioni, “sorprese geologiche”, eventi alluvionali ecc.), che di fatto determinavano una notevole dilazione dei tempi di completamento dell’opera, realizzata in 560 giorni, di fatto vanificando il punteggio premiale inizialmente assegnato in sede di aggiudicazione”.
Durante il lavoro investigativo sono stati analizzati i documenti ed effettuati dei saggi sul posto, effettuati da tecnici incaricati dalla Procura, “che hanno consentito di ricostruire con esattezza l’importo complessivo delle opere che, in fase di esecuzione dei lavori, venivano contabilizzate e quindi pagate e non eseguite, o eseguite in difformità”.
L'inchiesta ha riguardato anche la Commissione di Collaudo che, sempre secondo gli inquirenti avrebbe “falsamente attestato la regolarità dei lavori eseguiti dall’impresa esecutrice, effettuando il collaudo dell’opera solo cartolare, tanto è vero che, all’atto dell’avvio in esercizio, questa risultava inidonea all’utilizzo quale impianto di depurazione”.
Ed ecco perchè, conclude il procuratore Aldo Policastro, durante alcuni prelievi delle acque reflue in uscita dall’impianto di depurazione comunale sito in San Bartolomeo in Galdo alla contrada Mulino, effettuate dall’Arpac, “confermava il mancato funzionamento del depuratore a distanza di circa cinque anni dall’espletamento della gara e di tre anni dal suo definitivo collaudo”.