Una nuova perizia per Vincenzo Carfora, 54 anni, di Forchia, una delle persone coinvolte in una indagine anti estorsione della Dda, dei carabinieri della Compagnia di Maddaloni e della Finanza di Benevento che era balzata agli onori delle cronache il 17 aprile 2018.
Difeso dall'avvocato Vittorio Fucci, Carfora non aveva scelto il rito abbreviato, una precedente perizia lo aveva già ritenuto incapace di stare in giudizio. Una perizia ritenuta non valida dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dinanzi al quale è a processo, che ne ha disposto un'altra, affidandola al professore Alfonso Tramontano, sulla scorta di una eccezione della difesa e di una consulenza di parte.
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Tre condanne e quattro assoluzioni sono state decise dal gup del Tribunale di Napoli, Marcopido, nel rito abbreviato a carico di sette delle nove persone – una decima è nel frattempo deceduta - coinvolte nell'indagine della Dda, dei carabinieri della Compagnia di Maddaloni e della Finanza di Benevento che era balzata agli onori delle cronache il 17 aprile 2018.
In particolare, condanna a 10 anni per Michele Lettieri, 55 anni, di Pignataro Maggiore, a 8 anni ed 8 mesi per Giovannina Sgambato, 69 anni, di San Felice a Cancello, ed Enzo Ruotolo, 44anni, di San Felice a Cancello.
Sono invece stati assolti, per non aver commesso il fatto, Vincenzo Barbato Iannucci, 43 anni, di Castelvenere, finanziere in servizio a Solopaca, Vincenzo D'Onofrio, 51 anni, di Airola, Orazio De Paola, 57 anni, di San Martino Valle Caudina, Nicola Panella, 55 anni, di Montesarchio.
Come si ricorderà, il pm Luigi Landolfi aveva proposto 18 anni per Lettieri e Sgambato, 12 per Ruotolo e 10 per Iannucci, e l'assoluzione di De Paola, D'Onofrio e Panella.
Ha invece scelto il rito ordinario Domenico Servodio, 40 anni, di Rotondi, mentre è stata stralciata la posizione di Vincenzo Carfora, 50 anni, di Forchia, ritenuto incapace di stare in giudizio e incompatibile con la detenzione carceraria.
Sono stati impegnati nella difesa gli avvocati Pietro Romano (per Sgambato), Antonio Leone (per Iannucci), Pierluigi Pugliese e Mario Cecere (per Panella), Vittorio Fucci (per Carfora e D'Onofrio), Dario Vannetiello (per De Paola), Alessandro Barbieri (per Lettieri), Marianna Febbraio (per Ruotolo), Mauro Clemente (per Servodio).
Associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e tentata estorsione aggravate dalle finalità camorristiche: queste le accuse prospettare nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita all'epoca a carico di Carfora, Iannucci, Lettieri, Ruotolo e Sgambato, 68 anni, anch'ella di San Felice a Cancello. Il provvedimento era poi stato annullato dal Riesame per Iannucci, tornato dunque in libertà. Nessuna misura era invece stata adottata nei confronti di D'Onofrio, De Paola, Panella, Servodio ed un 56enne di Cervinara, poi scomparso.
Nel mirino degli inquirenti l'esistenza di un presunto clan, guidato da Michele Lettieri, che nella Valle di Suessola avrebbe raccolto l'eredità di quello dei Massaro. Attenzione puntata su due estorsioni tra San Felice a Cancello e Montesarchio e una terza, solo tentata, a Paolisi. Episodi che risalgono al periodo tra settembre ed ottobre 2015, quando sarebbe stato corso il rischio di rompere la 'pax' fissata dal limite territoriale del 'ponte di ferro' all'ingresso di Arpaia.
Ad una estorsione, consumata ad Arpaia, zona ad influenza casertana, ed attribuita al clan Pagnozzi nella versione offerta in giro da uno degli autori, sarebbe infatti seguito uno sconfinamento a Paolisi, con il tentativo di imporre il pizzo ad un'attività imprenditoriale di Paolisi. Una situazione di conflittualità che sarebbe stata composta dalla mediazione assicurata da personaggi considerati vicini ai Pagnozzi e a Lettieri.