Che fosse stato individuato come il presunto responsabile dell'esplosione dell'ordigno che la notte di Capodanno ha gravemente ferito una 36enne di Sant'Agata dei Goti, e che si trattasse di un militare, lo abbiamo ampiamente anticipato nell'immediatezza (o quasi) e nelle ore successive. Nessun potere magico, è bastato soltanto ascoltare quanto circolato di bocca in bocca nel centro saticulano via via che si sviluppava l'attività investigativa.
Poi la scelta di una pausa, dettata dalla convinzione legata all'inevitabile arrivo, vista l'eco suscitata dalla vicenda, di una comunicazione ufficiale, contenuta in una di quelle veline che quotidianamente affollano gli indirizzi di posta elettronica degli organi di informazione. Fosse giunta, avremmo correttamente anteposto il nome al cognome della persona finita nel mirino degli inquirenti ed avremmo scritto A.I. e non I.A. Indicando, dunque, solo le iniziali dell'interessato, come facciamo sempre per una denuncia, anche per ipotesi decisamente meno consistenti di quelle prospettate nell'occasione.
Si tratta di un atto di polizia giudiziaria su un fatto descritto in una informativa di reato che, una volta al vaglio della Procura, è suscettibile di più implicazioni, perchè da il là ad un'indagine che può essere scandita anche dalla successiva richiesta di archiviazione o di misure cautelari. Una riflessione di ordine generale, che deve valere sempre. Ecco perchè, se è comprensibile la cautela, lo è di meno l'assenza di comunicazioni, con il crisma dell'ufficialità, destinate all'opinione pubblica.