Nel mirino degli inquirenti sarebbe finito un militare. Sarebbe stato lui, individuato attraverso le immagini fissate dalle telecamere, a far esplodere, la notte di Capodanno, l'ordigno che ha gravemente ferito una 36enne di Sant'Agata de Goti, ricoverata al Rummo, in prognosi riservata, per le lesioni causate al torace e ad un polmone da una scheggia.
Un gesto assurdo, al centro di un'indagine condotta dai carabinieri della Compagnia di Montesarchio e seguita direttamente dal Procuratore Aldo Policastro. Un gesto che, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, avrebbe potuto determinare conseguenze ancor più drammatiche. Per la presenza di bombole di gpl nella tendostruttura di piazza Trieste, e per l'alto numero di partecipanti alla festa organizzata per salutare l'arrivo del 2019. Un'iniziativa che, alla luce di quanto accaduto, sarà impossibile dimenticare, segnata, come è stata, dalla traiettoria 'impazzita' di quel frammento di un grosso petardo che, dopo aver bucato il tendone, ha colpito la malcapitata.
Comprensibile l'ansia dei familiari, e di quanti le vogliono bene, per le sue condizioni, descritte come stabili; ma anche lo sconcerto della comunità, che, attraversata da indiscrezioni di ogni genere, inevitabilmente circolate, continua a chiedersi come sia stato possibile. E, mentre esprime la propria vicinanza ad A.T. che combatte la sua battaglia in un lettino del reparto di terapia intensiva, non risparmia giudizi pesantissimi sulla pessima abitudine, ancora dura a morire, di ricorrere ai botti, e contro coloro che li adoperano senza rendersi conto dei pericoli ai quali espongono la loro vita e quella degli altri.