Vent'anni. E' la condanna chiesta dal sostituto procuratore Miriam Lapalorcia, concessa l'equivalenza tra attenuanti generiche e le contestate aggravanti, nel rito abbreviato, fissato dinanzi al gup Francesca Telaro, a carico di Silvio Sparandeo (avvocati Dario Vannetiello e Maria Cristina Caracciolo) , 28 anni, di Benevento, accusato dell'omicidio di Antonio Parrella, 32 anni, morto al Rummo il 27 luglio dello scorso anno per le conseguenze delle botte subite, la sera precedente, durante una festa di compleanno.
Nessun dubbio per il Pm, che in meno di un'ora ha ribadito la convinzione che si sia trattato di un omicidio volontario, come dimostrato dalla violenza dei colpi e dalle parti del corpo alle quali sono stati inferti, anche mentre Parrella era inerme.
Erano invece state diverse le conclusioni alle quali era giunto il gip Flavio Cusani, che, nell'ordinanza con la quale lo scorso 10 aprile aveva spedito in carcere Sparandeo, aveva qualificato l'omicidio come preterintenzionale. Silvio Sparandeo – questo il suo ragionamento - non aveva l'intenzione di uccidere Antonio Parrella, un “amico con il quale aveva scherzato per l'intera giornata, con il quale non esistevano motivi di tensione, conflitto o contrasto”. Picchiandolo, voleva dargli una lezione, “per aver rovinato il clima di festa proprio al taglio della torta”. La sua “ebbra e smodata euforia” era stata tollerata fino a quando il 32enne aveva “ecceduto, venendo per due volte alle mani con il cantante, Michele Meoli”.
In occasione del secondo litigio, accaduto sulla terrazza dove doveva essere servita la torta, Corrado Sparandeo, innervosito dal comportamento di Parrella, gli aveva assestato due schiaffi al volto. Antonio Parrella era poi fuggito, inseguito da Silvio Sparandeo. Era caduto lungo le scale, si era rialzato ed aveva continuato la sua corsa verso il parcheggio. Anche Silvio Sparandeo era finito a terra, sulla ghiaia dell'area di sosta, ma si era rimesso in piedi, scivolando, glutei a terra, lungo la pendenza di un terrapieno, e raggiungendo Parrella, che a sua volta era caduto per le seconda volta a causa del dislivello dell'ultima parte della scarpata, restando faccia a terra.
Erano, secondo l'orario - sfalsato in avanti di circa 18 minuti rispetto a quello reale -della telecamera, le 21.00.58. Da quel momento erano trascorsi 1 minuto e 56 secondi, scanditi dall'aggressione. Durata, aveva scritto il Gip, non diversi minuti, ma 13 secondi. Quelli nei quali Silvio Sparandeo prima aveva girato il corpo di Parrella, poi lo aveva colpito con tre pugni al viso. Lo avevano bloccato, infine gli aveva assestato un calcio tanto forte da spostare di qualche centimetro, Parrella, dalla sua posizione. Poi, al pari di un'altra persona, aveva gettato dell'acqua in faccia al 32enne ed era andato via, “resosi conto ben presto del danno fisico procurato”, dopo essersi assicurato che fosse stata chiamata un'autoambulanza.
Il 19 ottobre spazio alle arringhe dei legali di parte civile - gli avvocati Grazia Luongo e Angelo Leone, che assistono la mamma, due sorellle ed altrettanti fratelli della vittima - e dei difensori, cui seguirà la sentenza del giudice.
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