Molotov contro auto ad Airola, scatta la seconda condanna

Due anni e 2 mesi, con rito abbreviato, a Francesco Rungi, 52 anni

Airola.  

Due anni e 2 mesi, quelli proposti dal pm Miriam Lapalorcia. E' la condanna decisa dal giudice Maria Ilaria Romano, con rito abbreviato, per Francesco Rungi (avvocato Pierluigi Pugliese), 52 anni, di Airola, una delle tre persone coinvolte nell'indagine dei carabinieri sull'episodio accaduto nel centro caudino nel luglio del 2017, quando Massomo Cinelli, all'epoca 30enne, era stato arrestato mentre era pronto, dopo aver scalato il cancello di un'abitazione in via Carracciano, a lanciare una molotov, di cui si era liberato quando aveva visto i militari, contro la Mitsubishi che il proprietario aveva parcheggiato nel cortile.

Comparso dinanzi al gip Flavio Cusani, per l'udienza di convalida, Cinelli, difeso dall'avvocato Mariacarmela Fucci, aveva sostenuto di aver ricevuto una promessa che aveva accettato perchè aveva disperatamente bisogno di soldi: avrebbe incassato 200 euro se avesse portato a termine la 'missione' che gli era stata affidata: incendiare quell'auto. Ma quando gli era stato chiesto di indicare il mandante del gesto, aveva preferito trincerasi nel silenzio.

Il giovane, che nello scorso gennaio è stato condannato a 4 anni, sempre con rito abbreviato, aveva richiamato l'attenzione su una difficile condizione economica – questa la sua versione – che lo aveva indotto a dire sì a quella offerta che gli avrebbe consentito, a 'risultato raggiunto', di avere a disposizione un po' di soldi per mangiare. Aveva spiegato di aver fatto tutto da solo: dall'acquisto della benzina alla preparazione della bottiglia incendiaria che avrebbe dovuto scatenare le fiamme, ma aveva escluso di aver agito in altre circostanze.

L'inchiesta aveva però fatto registrare ulteriori sviluppi a distanza di un mese, quando erano scattati gli arresti domiciliari per Stefano Falzarano (avvocato Carmelina Perone), ora 81enne, e Rungi, accusati, sulla scorta di un'attività investigativa supportata dalle intercettazioni telefoniche, di essere, rispettivamente, il presunto mandante ed il “concorrente morale” del gesto contestato a Cinelli. Addebiti che l'anziano, al quale erano poi stati revocati i domiciliari per motivi di salute, aveva respinto con forza rispondendo alle domande – per lui è stato disposto il giudizio immediato -, a differenza di quanto fatto dall'altro, che era invece rimasto in silenzio.

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