Ha lasciato il carcere dopo cinque mesi. C'era entrato il 10 settembre dello scorso anno, portandosi dietro un fardello pesantissimo: aver ucciso il figlio, disabile dalla nascita, al quale aveva dedicato la sua vita. Luigi Piacquadio, 73 anni, di Montesarchio, segretario comunale in pensione, è ora ospite di una casa famiglia in Umbria. Il Riesame, così come chiesto dall'avvocato Claudio Barbato, gli ha concesso i domiciliari, consentendogli di uscire dalla struttura di contrada Capodimonte nella quale era detenuto.
Il 6 aprile è in programma, dinanzi al giudice Loredana Camerlengo, il rito abbreviato a suo carico, condizionato all'esecuzione di una perizia psichiatrica che dovrà stabilirne la capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Quando aveva colpito con una coltellata all'altezza del cuore, mentre stava dormendo, il suo Domenico, che di anni ne aveva 38, cercando, poi, di farla finita.
Un gesto terribile, il tragico epilogo di un tormento che Piacquadio aveva confessato sia al sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro ed ai carabinieri, sia al gip Roberto Melone, chiamato a convalidare il suo arresto. A tutti aveva raccontato la sofferenza di un padre che da giorni era ossessionato dalla paura di ciò che sarebbe potuto capitare a Domenico una volta rimasto solo. Era rimasto profondamente turbato dalle immagini di un servizio televisivo dedicato alla condizione delle persone non autosufficienti come il suo ragazzo. L'idea che lui potesse finire nelle mani sbagliate di uno di quei centri di ricovero, non lo faceva dormire. Ecco perchè aveva maturato la disperata convinzione che tutti sarebbero stati più tranquilli se lui avesse stroncato l'esistenza di Domenico.