Tratto dallo speciale in edicola oggi con il Roma edizione Benevento
“Vogliamo avvertire tutti, giusto per essere chiari: se ci scappa un incidente serio è stato colposo, se non doloso”. E' la voce esasperata dei cittadini di contrada Iscalonga: una storia vecchia, ormai troppo, e stucchevole anche di più. Vivono in una zona tra Apice, Paduli e Sant'Arcangelo Trimonte, una frazione di un centinaio di abitanti collegata ad Apice da un ponte che fu distrutto dall'alluvione del 2015 che devastò il Sannio.
Ora però l'alternativa a quel ponte è andare per strade strette e quasi sterrate e metterci dai 45 minuti all'ora in più. Un tempo non accettabile dunque. Da allora, però, tra intoppi, proclami, avvii, riprese e tutti quei rompicapo che crea la burocrazia il ponte non è stato mai agibile, e sono passati cinque anni. Per evitare i tour montani per rientrare a casa, accompagnare i figli a scuola o andare al lavoro è stata creata una viabilità provvisoria, un viottolo sterrato che attraversa il fiume più a valle, e che con le piogge viene sommersa dal fiume.
Dopo cinque anni però quel ponte è ancora imballato tra reti rosse e materiali da cantiere, e gli abitanti sono ormai esasperati dalla situazione e minacciano di far da soli e in maniera eclatante: “Lo diciamo prima proprio per estrema chiarezza ed evitare le polemiche del dopo: siamo a novembre, abbiamo avuto finora un tempo straordinariamente mite ma le piogge arriveranno, è chiaro che arriveranno, e a quel punto la stradina che ci siamo ricavati per evitare di fare gimkane e viaggi della speranza solo per tornare a casa o andare al lavoro sarà allagata e impraticabile. E noi passeremo sul ponte. Apriremo da soli le barriere che adesso impediscono l'accesso al ponte e ci passeremo per raggiungere Iscalonga, o per andare al lavoro di mattina, all'inverso. Se poi capita un incidente non sarà stata colpa nostra che abbiamo fatto da soli, ma di chi ha portato all'esasperazione un'intera frazione tagliandola fuori dalla vita di tutti i giorni”.
Sono più di cinque anni che la situazione è questa e chi abita dall'altra parte del ponte ritiene di aver già messo a dura prova la propria pazienza e sopportazione: “Non è possibile che per poco più di cento metri di ponte passino cinque anni: tra i soliti scaricabarile e le lentezze burocratiche e questa o quella motivazione non si riesce a finire un ponticello, pochi metri che sono cruciali per la vita delle persone che abitano una contrada. Se ci fossimo messi da soli a lavorare ne avremmo completati cinque o sei di ponti”.
E attaccano, comprensibilmente, tutti ad ogni livello i residenti della contrada Iscalonga: “Di chi sono le responsabilità di questa situazione? C'è un menefreghismo inaudito nei confronti di cittadini che da cinque anni non hanno una strada per tornare a casa e tremano nel malaugurato caso debba rendersi necessario l'arrivo di un'ambulanza. E' finito ormai anche novembre, noi quando si alzerà il livello del fiume apriremo le barriere e passeremo sul ponte perché non abbiamo più intenzione alcuna di fare giri incredibili per tornare a casa o andare al lavoro. Prono o no, noi passeremo su quel ponte, sia chiaro a tutti”.