Ricordate l'alluvione? Quella dell'ottobre 2015, con le case distrutte, le aziende invase dall'acqua la parte bassa della città e molti paesi travolti da fango e detriti, e tre morti? Naturalmente, è negli occhi di tutti, una tragedia per le aziende, per l'economia e per quelle tre vite strappate: a vedere quei video e quelle foto viene il magone ancora oggi, dopo cinque anni. Ed è giusto: fu un momento terribile, ma non quanto il covid.
Già, perché oggi con lo scampato pericolo una tendenza simil negazionista si sta facendo strada: “Beh dai, in fin dei conti mica è tutta sta tragedia”. Tendenza naturale: l'impatto visivo dell'alluvione non c'è, non si è vista la devastazione, la consapevolezza che 2 mesi di stop per un piccolo negozio, o un bar siano dannosi come o più del fango che rovina un macchinario non c'è, e 16 morti in prevalenza anziani o molto anziani e quasi tutti con altre patologie diventano, inconsciamente ça va sans dire, un dato fisiologico. Eppure sono 16 vite, 16 esseri umani che avrebbero vissuto altri dieci giorni, un mese o un anno o di più, assieme a mogli, figli, nipoti. Prooprio come la signora di Paduli travolta dal fango, il pensionato di Montesarchio stroncato mentre liberava lo scantinato dallo stesso fango, l'operaio folgorato su un traliccio elettrico.
Certo, il covid il Sannio lo ha solo sfiorato, è innegabile: coi dati Istat parziali siamo perfettamente in linea col numero di morti nel periodo gennaio – aprile 2019 e gennaio – aprile 2020, numeri ben lontani dalla Lombardia, ma pure dalla vicina Ariano. E pur avendo solo sfiorato il Sannio solo in termini numerici ci sono 16 morti, il 530 per cento in più rispetto ai 3 dell'alluvione 2015. Non ci sono le case distrutte, ma l'impatto economico e sociale è ancora tutto da valutare e si presume non sarà trascurabile viste le caratteristiche del tessuto socio-economico di Benevento e della provincia: oltre 200 milioni di danni per le aziende, nel 2015, ma quanto è costato in termini di mancati incassi, erosione del risparmio, perdita di posti di lavoro tener chiusi migliaia di piccoli bar, ristoranti, pizzerie, negozi, parrucchieri, estetisti e così via? Ma è ancora una volta un'operazione difficile: confrontare il visibile, l'impattante e disturbante devastazione di un'azienda contro l'invisibile.
E dunque, il sentiment da scampato pericolo è naturale, le scene alla Samarcanda (ridere, ridere, ridere ancora, ora il covid paura non fa) e la voglia di tamburelli fino all'aurora per quanto pericolose sono altrettanto naturali, importante però è prendere coscienza di ciò che è accaduto e impegnarsi a far sì che non riaccada.