Una voce per le donne e delle donne, uno spazio che torna a vivere, un luogo di ascolto. La “Casa delle Donne”, inaugurata a Sant’Agata de’ Goti nei locali di Villa Fiorita è un progetto ambizioso che punta alla creazione di una filiera di contrasto alla violenza di genere e di aiuto verso tutte quelle donne che vivono delle difficoltà e che decidono di dire basta e di lasciare l’abitazione familiare.
Si tratta di una progettualità, espressione di un percorso comune tra Caritas Diocesana, iCare cooperativa Sociale di Comunità e Fondazione Villa Fiorita Ianieri – D’Ambrosio. A questo, va collegato il progetto Dear in collaborazione con il Centro Calabrese di Solidarietà, finanziato da Fondazione con il Sud, che prevede la presenza di sportelli itineranti nel territorio diocesano, tramite un camper che girerà in autunno.
E’ stato spiegato e chiarito due volte in tre giorni a Sant’Agata de’ Goti il senso del progetto, sia in un incontro esplicativo e di confronto con la cittadinanza e con tutte le volontarie che vorranno dare una mano, mettendosi a disposizione, sia in occasione del taglio del nastro della struttura.
Villa Fiorita si candida così a diventare un porto sicuro per tante donne che, a partire da qui, potranno intercettare i bisogni di altre donne. Un segno concreto, un passo ulteriore verso la speranza, la creazione di un ecosistema solidale ed inclusivo per non lasciare indietro nessuno. A loro, sarà offerto: supporto, ascolto e aiuto per il percorso di fuoriuscita dal circuito del disagio e della violenza e della conquista della propria autodeterminazione”.
La presidente della cooperativa sociale di comunità iCare Mirella Maturo, nell’illustrare tutte le attività della cooperativa, è partita spiegando che “iCare”, che deriva dal motto coniato da don Milani, significa letteralmente “mi importa, mi sta a cuore”.
“Prendersi cura degli altri vuol dire accogliere e avere attenzione verso gli altri e verso le loro difficoltà. Dall’analisi del territorio ci siamo resi conto delle tante situazioni di disagio che riguardano le donne. Vogliamo farci carico e prenderci cura di tutte le donne che vivono delle difficoltà. La Casa delle Donne – prosegue la presidente Maturo – è un luogo di condivisione e di incontro delle donne e fatto dalle donne, in un’ottica di collaborazione e di rete. Essa rappresenterà lo spazio in cui ognuna di esse avrà la piena libertà di espressione e sostegno concreto. Le donne saranno supportate, nella gestione della vita privata, lavorativa e familiare”. Ottimo è stato il riscontro dato dalle 50 donne presenti nell’incontro prima del giorno dell’inaugurazione, che, nel dare la propria disponibilità e nel mettere a disposizione le proprie competenze, hanno sottolineato come l’apertura di un luogo per le donne apra per loro percorsi di accompagnamento, di ascolto, di incontro e di condivisione e sia un segno di speranza per tutto il territorio.
Un segno di speranza che verrà colto dalle stesse donne quando vedranno e riceveranno accoglienza, calore umano, dialogo, comprensione, sostegno. “E’ questa – ha detto il vescovo don Mimmo Battaglia – la Chiesa sinodale che vuole abitare il nostro territorio per farsene carico.
Una Chiesa sinodale che vuole essere presente concretamente nelle situazioni e che non vuole delegare le problematiche sociali lavandosene le mani perché si è concentrati solo su sé stessi. Avere attenzione e a cuore l’altro, invece, ci deve impegnare tutti”. Il vescovo Battaglia, nel suo intervento, ha raccontato la sua esperienza al Centro Calabrese di Solidarietà, le storie vissute, i volti incontrati, le tante donne che si rivolgevano al Centro, vittime di violenza domestica fisica e psicologica. E’ stato questo il la per prendere coscienza che poteva essere fatta prevenzione rispetto alle dipendenze, creando un Centro Antiviolenza (che, nato nel 2012, è stato poi denominato “Mondo Rosa”). Prima di ciò, naturalmente, i suoi operatori hanno dovuto necessariamente formarsi “perché è vero che non sempre sei chiamato a dare risposte, ma le risposte da dare rispetto ad un bisogno non possono essere improvvisate”.
Stesso processo che ha attuato e sta attuando la stessa iCare con la formazione delle proprie operatrici. “La scelta di aprire la Casa delle Donne è stata fatta perché, da quando sono arrivato ad oggi – ha spiegato don Mimmo – ho avuto modo di ascoltare tante donne con le loro storie di solitudine, di dramma e spesso di violenza. Per questo insieme ad iCare, Caritas e alla Fondazione Villa Fiorita Ianieri – D’Ambrosio ci siamo detti di provare a fare qualcosa per loro che partisse dal territorio di Sant’Agata de’ Goti per poi estendersi a tutto il territorio diocesano. Credo – ha concluso don Mimmo – nella dignità della forza delle donne e nella forza della dignità delle donne. Vorrei vedere realizzato questo sogno.
E possiamo farlo soltanto insieme”. Anche questa, così come tutte quelle riguardo alle progettualità messe in piedi nel corso di questo anno, è una risposta concreta alla domanda: cosa si può fare per questo bisogno? “Spesso di fronte a quest’interrogativo – ha commentato il questore di Benevento Giuseppe Bellassai – ci troviamo di fronte al muro di gomma dell’indifferenza, dell’omertà e del si è sempre fatto così. Nella presentazione dei progetti di iCare a Cerreto Sannita e a quest’inaugurazione di una Casa delle Donne ho visto e sto vedendo persone che fanno e che vogliono fare il bene, che aspirano al bene comune, che è poi il bene di tutti.
Ed il principale merito è del vescovo Mimmo, una persona straordinaria. Quando vedo alla sua opera e alle cose che sta realizzando, penso sempre che io non stia facendo abbastanza. Don Mimmo – ha proseguito il questore – è troppo modesto: questi non sono solo segni, ma azioni concrete e sostanziali per il nostro territorio. Grazie perché ti poni sempre alti traguardi di umanità da raggiungere”. Progetti avviati con sguardi di bellezza, di essenzialità, di umanità. E’ la forza del noi che vuole prevalere sugli egoismi e sugli opportunismi dell’io. E’ la responsabilità della cura verso il nostro prossimo, dando voce ed ascolto a tutti i bisogni. Una responsabilità solidale, ma non con pietismo. Una responsabilità attraverso la quale riconoscere nella presenza dell’altro un dono, nella presenza del povero la salvezza, nel servizio verso l’altro l’umanità.
Redazione Bn