Quella che pubblichiamo di seguito è la storia raccontata da Antonio Ferraro, residente a San Marco dei Cavoti. Antonio ha voluto ringraziare pubblicamente chi ha aiutato la sua famiglia durante la tempesta di neve che ha sommerso il Fortore nei giorni scorsi. Lo fa per mettere l'accento sul lavoro di alcuni Angeli. Persone normali che non esitano ad intervenire durante le peggiori criticità... Una storia intensa, ricca di particolari che è stata pubblicata sulla pagina facebook di “Sei di S. Marco se...”
“Non c’è bisogno di essere credenti per poter affermare che nella nostra esistenza ci è capitato, almeno una volta, di ricevere un aiuto insperato da persone sconosciute che compaiono all’improvviso tra noi e le nostre necessità.
Come non c’è bisogno di essere praticanti di un credo religioso per trovarsi catapultati, almeno una volta, involontariamente tra persone sconosciute e le loro necessità ed uscirne come elemento risolutore.
Al contrario di ciò, i miei “Angeli” hanno un nome e una professione: il medico di guardia, la dottoressa Gloria, l’escavatorista Loris, e la Squadra del turno “C” dei Vigili del Fuoco di San Marco dei Cavoti, composta dal responsabile Maurizio, Antonio, Mauro, Damiano e Pietro.
Vivo, con la mia famiglia, in una piccola Contrada del comune di San Marco dei Cavoti, nel Fortore, a cinque chilometri dalla Statale 212.
Nella notte tra il 6 e il 7 gennaio scorso, mio padre, un anziano di quasi 87 anni, mi ha svegliato di soprassalto, accusando dei dolori lancinanti all’addome. Piegato in due sul letto, madido di sudore e affaticato nel respiro cercava di dirmi di essere stato invaso da un fitto e persistente dolore addominale che gli toglieva il respiro.
Essendo egli, anche cardiopatico e portatore di pacemaker, ho cercato con mia moglie, inutilmente, di calmarlo sostenendo che poteva trattarsi di uno spasmo temporaneo dell’intestino. Purtroppo, col passare del tempo il dolore diveniva sempre più lancinante e persistente, mentre e all’esterno imperversava una severa tormenta di neve.
Dopo le 2 di notte abbiamo contattato telefonicamente la Guarda medica, dove la dott.ssa di turno, Gloria, ha inquadrato il caso e ha suggerito una terapia per tamponare l’emergenza, ma purtroppo non disponevamo dei farmaci giusti in casa e le condizioni di mio padre peggioravano precipitosamente.
Ormai era evidente che bisognava provvedere, senza indugio, a ricoverare mio padre in ospedale!
Manifestata questa necessità, la Squadra dei locali Vigili del Fuoco, nonostante le proibitive condizioni metereologiche, ha intrapreso la scorta del Medico di guardia verso la nostra abitazione per prelevare il malato da portare al Pronto Soccorso più vicino.
Intanto la tempesta era in atto. Da ore infuriava, senza sosta, una nevicata copiosa accompagnata da un vento impetuoso. Dalla finestra, con le luci del giardino accese, potevo scorgere appena l’apice di qualche pilastro della siepe. La palizzata sottovento era ormai scomparsa sotto le dune di neve. Oltre regnava l’ignoto.
Temevo che ci potranno raggiungere solo volando! Ho confidato sconfortato a mia moglie.
Dopo circa 4 ore, il mio telefono squillava ed era la dottoressa: “Siamo nei pressi di Fontecanale. Ci segnali la sua abitazione”. Mi sono allora precipitato verso la strada e nel turbinare della bufera ho intravisto dei lampeggianti. Corro nella neve, prima al ginocchio, poi alla cintola, poi di nuovo al ginocchio e vedo la sagoma di un’Apripista seguito da un Fuoristrada contornato da due turbini di neve che sembravano assumere la forma di “Maestose Ali Bianche”.
Nel giro di mezz’ora, mentre la bufera rallentava la sua foga, mio padre aveva ricevuto la conferma della diagnosi e la prima terapia farmacologica. Il convoglio, con l’Apripista, la Land Rover dei Vigili del fuoco la mia Auto, quasi trainata, procedeva verso la Statale per Benevento, ripercorrendo al contrario quella strada ormai di nuovo invasa da tanta neve che cadeva copiosa.
Anche se vivo dalla nascita in quella Contrada, non immaginavo minimamente cosa ci sarebbe capitato di incontrare lungo quei 5 Km di strada: turbini di neve impazziti che riflettevano i fari del veicolo abbagliando la visuale dell’autista; cumuli di neve di notevole altezza che si componevano e si annullavano lungo le zone di sottovento, nascondendo e ridisegnando il tracciato stradale.
Il medico durante il tragitto ha costantemente valutato le condizioni di salute di mio padre e insieme ai vigili del fuoco, nelle numerose soste fatte per attendere che l’Apripista superasse gli ostacoli maggiori, facendogli sentire sicurezza e conforto.
L’ultimo chilometro di strada ha impegnato tutto il convoglio per circa un’ora!
Alle 14 mio padre era fuori pericolo al Pronto soccorso del Fatebenefratelli di Benevento. Erano passate solo 12 ore dall’inizio di questa vicenda eppure mi sembrava trascorsa un’eternità, tanto era stato teso e convulso quel periodo di tempo.
Ritornando a San Marco, con mio padre ormai al sicuro nelle mani esperte dei Sanitari, mi sono reso conto che come la bufera riprendeva foga salendo di quota, allo stesso modo nella mia mente si focalizzavo sempre con più chiarezza i rischi concreti che avevano corso tutte quelle persone per portare mio padre in salvo.
Rischi non giustificabili completamente dalla professione che svolgono ma solo dal senso di solidarietà e di giustizia che anima il loro essere “Uomini con Ali di Angeli”.
Lungo la Statale, quasi a San Marco, incrocio le sagome di un convoglio: “Sono Angeli”, ho pensato deciso e anche se la bufera di neve mi impediva di vedere il colore e le scritte sui veicoli, le “Maestose Ali Bianche” dei turbini di neve che li attorniavano erano inequivocabili.
Non mi resta che concludere rivolgendo a questi professionisti un immenso grazie, profonda stima e gratitudine da parte mia e della mia famiglia".