Nando De Napoli è un orgoglio tutto irpino. Due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa, una Supercoppa Italiana e una Coppa dei Campioni in bacheca. Tutto è partito dalla maglia dell'Avellino, con cui ha conquistato la maglia della Nazionale. Ospite in studio di 696 TV OttoChannel, nel corso dell'ultima di 0825 - Serie C, "Rambo" non si è sottratto da una serie di riflessioni raccontando aneddoti e retroscena.
Nella sua Irpinia ci è tornato da qualche mese per ricoprire il ruolo di coordinatore del settore giovanile a cui parla col cuore in mano per spronarli a credere in sé stessi e a lavorare sodo: “Ai ragazzi del settore giovanile ricordo che io, come tanti di loro, sono nato a Chiusano San Domenico, In provincia di Avellino; gli racconto che giocavo in strada. Ci vuole un pizzico di fortuna per emergere e affermarsi a grandi livelli; per arrivare, ma, innanzitutto, ci vuole bravura, serietà ed educazione. Dentro e fuori dal campo. I giovani d'oggi hanno tutto a portata di mano con i loro smartphone, ma gli manca quel contatto con una realtà non virtuale; sognare, non attraverso lo schermo di un cellulare. Io per esempio sognavo di giocare con la maglia della squadra della mia città. Con la maglia dell'Avellino sono arrivato fino in Nazionale. Una gioia immensa. Gli ripeto che crederci può portare a grandi traguardi. E quando gli parlo mi vengono in mente ancora tantissimi splendidi ricordi”.
Inevitabile un momento di amarcord: “Dopo l'Avellino scelsi il Napoli perché volevo restare vicino a casa e a mia madre, ma furono fondamentali, non di meno, Pierpaolo Marino e Ottavio Bianchi, che mi aveva fatto esordire in Serie A con l'Avellino. Il Milan? Mi chiamò Capello per andare a far coppia con Albertini dopo che andò via Rijkaard. Una squadra leggendaria che vinse tantissimo anche senza di me, che mi infortunati. Se ho portato la Coppa dei Campioni a Chiusano San Domenico? No, al massimo la copia in miniatura che viene consegnata ai vincitori del trofeo. Ma ci ho portato la Ferrari di Maradona. Me la prestò, aveva il motore che veniva fuori dal cofano. Mi fece fare un figurone. Con Diego ho avuto un rapporto splendido, però, Ferrari a parte, dopo le partite io tornavo subito a casa. Come vedrei Berlusconi presidente della Repubblica? Ha fatto tutto, in fondo gli manca solo quello”.
Passato e presente: “Il calcio di un tempo era più intenso a livello agonistico, ora i calciatori sono costruiti fisicamente e non saprei dire se fosse più il tecnico il calcio di un tempo o quello contemporaneo. Sono felice di essere tornato ad Avellino e ringrazio la famiglia D'Agostino per avermi dato la possibilità di ricoprire il ruolo di coordinatore. Devo mettermi al passo in un mondo che non conoscevo”.
La prima squadra: “L'Avellino sta migliorando partita dopo partita. Il calciomercato? Di Somma e Braglia sono in stretto contatto per individuare i profili più funzionali. L'Avellino ha bisogno di non più di un paio di innesti mirati e conta no sbagliarli, senza farsi prendere dalla fretta. I risultati denotano una crescita e una strada, giusta, da continuare a percorrere. Il Covid? Un virus maledetto. Per il momento non resta che continuare a prestare attenzione e andare avanti convivendoci".