Puntuale e inesorabile, come inevitabile che fosse, la bomba a orologeria dei rinnovi dei contratti in scadenza è deflagrata scuotendo e dividendo l'ambiente biancoverde proprio nel momento in cui l'Avellino e Braglia avrebbero avuto meno bisogno: nel pieno della rincorsa al Bari, alimentata da undici risultati utili consecutivi. Non c'è, però, da meravigliarsi essendo arrivati a soli 16 giorni da gennaio, ovvero quando i pezzi pregiati, in caso di mancata estensione dei vincoli in essere, potranno accordarsi a parametro zero con altri club in vista della prossima stagione.
Pretendendo il rispetto dei contratti stipulati è stata trascurata l'altra faccia della medaglia, quella della più basilare legge del mercato per cui è impensabile che possano arrivare offerte quando c'è l'opportunità di trattare direttamente coi calciatori, evitando esborsi per i costi dei cartellini, e, di pari passo, ai diretti interessati possono offerti ingaggi più sostanziosi dirottando sul compenso proposto parte dei soldi risparmiati.
Dopo essere stato costruito, attraverso gli investimenti della proprietà, e valorizzato, il parco calciatori rischia di essere disperso tra conflittualità emergenti e zone d'ombra. Senza dimenticare Aloi, D'Angelo, De Francesco, Rizzo (per il quale c'è, però un'opzione esercitabile entro marzo) e Silvestri, Tito rappresenta il caso limite. La società, per bocca del direttore sportivo Di Somma, ha raccontato la sua verità: il terzino ha rifiutato un'offerta considerevole. Matteo Coscia, agente di Tito, ha sottolineato, invece, che il problema è la durata: solo un altro anno rispetto ai due richiesti. Non resta che stringere i tempi, ora più che mai; provare a ricucire gli strappi e blindare un patrimonio economico ancor prima che calcistico. Sempre ammesso che non sia già troppo tardi...