Avellino, la lunga strada per il 4-2-3-1: ecco come si è arrivati a sceglierlo

Dal 3-5-2 al 4-3-1-2, provati in ritiro, al 3-4-2-1 e al 4-3-3: cronistoria dell'evoluzione tattica

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Avellino.  

Quattro punti in due partite con un vestito tattico che sembra calzare alla perfezione all'Avellino. Di tempo, per sceglierlo, però, ce n'è voluto. Al termine di una lunga ricerca i lupo si vede bene allo specchio, si compiace della identità tattica che lo mostra in tenuta smagliante. Il 4-2-3-1, utilizzato nelle ultime due partite dai biancoverdi sta palesemente dando i suoi frutti, sia in termini di risultati, sia di qualità del gioco.

L'assetto tattico ha favorito lo sviluppo di una manovra offensiva più fluida e ficcante, lo si è apprezzato in particolare a Palermo che in casa con il Taranto, ma in entrambi i casi è stato evidente che giocando così, quando la palla circola con la velocità giusta ed arriva “pulita” sui piedi dei trequartisti, aumenta le pericolosità; è più facile allargare le difese e favorire gli inserimenti; tenere in costante apprensione i dirimpettai con annessa diminuzione delle sorte dei terzini e dei centrocampisti avversari. Insomma, quando si dice che l'attacco è la miglior difesa.

Come l'Avellino ci è arrivato a questo 4-2-3-1 non è stato cosa semplice. “Volevo fare questo modulo dalla scorsa stagione, ma mi sono dovuto adattare ai calciatori in rosa optando per il 3-5-2. Un allenatore deve fare così, deve scegliere il sistema di gioco in base a chi ha a disposizione”. Piero Braglia si era espresso così alla vigilia della partita con il Taranto innescando inevitabili e legittimi dubbi su quanto i suoi desideri e le sue indicazioni in sede di mercato fossero stati effettivamente ascoltati ed esauditi da società e responsabile dell'area tecnica. Ma come si suol dire la verità sta sempre nel mezzo.

E sì perché Braglia stesso, nel corso del summit a Roma precedente all'avvio del secondo anno ad Avellino, aveva inizialmente confermato il 3-5-2 quale modulo da cui ripartire, anche in virtù dei lusinghieri risultati ottenuti nella precedente stagione. Poi, a Roccaraso, ha iniziato a lavorare, simultaneamente, pure sul 4-3-1-2. Una soluzione in più per fare “qualcosa di diverso”, dall'inizio o a gara in corso, come aveva preannunciato di aver intenzione di fare nel giorno della conferenza stampa della sua conferma, nei giardini di Villa Solimene.

Il direttore sportivo Di Somma si è messo così sulle tracce di Botta, che ha rifiutato l'offerta preferendo il Bari, e Curcio. Che l'Avellino li abbia trattati non è un mistero. Il tutto, però, prima che arrivasse la fatidica amichevole del primo agosto scorso con il Campobasso: risultato finale 2-2, tanta sofferenza e la decisione, di Braglia, di ritornare sulla difesa a 3 con annessa inversione a U sulle strategie in sede di trattative. Sono così arrivati altri difensori centrali, altri centrocampisti (ora in numero sovradimensionato rispetto ai due soli posti disponibili pur tenendo conto della possibilità di subentrare).

Intanto, l'Avellino ha giocato e fatto bene a Terni, in Coppa Italia, con il 3-4-2-1. Da qui è partita la caccia agli esterni d'attacco in grado di giocare pure sulla trequarti: Kanoute è stato il primo a essere ingaggiato per questo tipo di valutazione mentre si continuava a inseguire Micovschi. Al 4-2-3-1 ci si è arrivati, in effetti, al “Barbera” e, indirettamente, negli ultimi giorni di mercato. Iin maniera piuttosto collaterale rispetto all'ultima idea in ordine cronologico messa sul tavolo: quella di un 4-3-3. Il tutto mentre, dopo Plescia, nelle vesti di vice Maniero, era arrivato Gagliano per essere pronti a giocare pure con 2 attaccanti all'occorrenza, per essere pronti a possibili ed ulteriori revisioni e offrire una chance tecnico-tattica ulteriore.

Negli ultimi giorni di negoziati estivi, mentre veniva coronato l'inseguimento a Micovschi, c'è stata la virata brusca su Di Gaudio, più adatto a giocare in un tridente rispetto a Golfo. Ed ecco svelato pure l'assalto al fuoriclasse palermitano solo in prossimità della seconda giornata di campionato. Kanoute, Di Gaudio e Micovschi, due titolari e un'alternativa, da alternare dietro a un ariete. A spostare definitivamente l'ago della bilancia sul 4-2-3-1 è stata, infine, proprio la prestazione offerta al “Barbera”, che ha confermato sul campo la bontà dell'idea che frullava da tempo nella testa di Braglia. Per onestà intellettuale un colpo di genio, un'intuizione, una tentazione che lo ha sempre accompagnato nella sua avventura all'ombra del Partenio, più che un orientamento chiaro sin dall'inizio e manifestato al club che lo ha assecondato in tutto dando l'ok alle operazioni di volta in volta condotte in porto dal direttore sportivo. D'altronde, lo stesso Braglia ha promosso a pieni voti le operazioni in entrata e uscita.

Braglia ha fiutato il potenziale di Micovschi, Kanoute e Di Gaudio in campo simultaneamente alle spalle di un'unica punta, ma la mancanza di vere alternative ai tre trequartisti si rifà unicamente al discorso dei cambi di rotta sopra descritti e a gennaio ci sarà tempo per rimediare in tal senso.

Insomma, idee chiare, ora sì, ma adesso più che prima e non da sempre. Non resta che continuare a lavorare lungo il solco tracciato con una rosa che andrà ora gestita anche per ciò che concerne le partenze da programmare dopo un costante work in progress. È andata come è andata, ma poco male se la quadratura del cerchio, dopo una lunga ricerca, è stata definitivamente trovata.