“Il modulo? Faremo qualcosa di diverso” spiegò Piero Braglia nel giorno della conferenza stampa a Villa Solimene, successiva alla sua conferma. In principio doveva essere il 4-3-3, ma dopo il summit a Montefalcione è ormai più che probabile che l'Avellino riparta dalla difesa a 3. Sfumato l'arrivo di Chiricò, che si è accordato per le prossime tre stagioni con il Padova, i biancoverdi hanno iniziato a ragionare sull'effettiva opportunità di cambiare, valutando rischi e benefici nel rivoluzionare parzialmente la rosa, non solo per quanto riguarda il mercato in entrata, ma pure per ciò che concerne quello in uscita. Da qui dovrebbe essere scaturita la scelta di non minare equilibri raggiunti, soprattutto per quanto riguarda il pacchetto arretrato. Con il rientro di Luigi Silvestri, il recupero di Laezza e ripartendo da Dossena, protagonista di un finale di stagione in crescendo, il reparto è, in fondo, già lì, affidabile e pronto all'uso. Resterebbe da trovare solo sostituto a Rocchi, che verrà ceduto. Non cambiare può essere, inoltre, la chiave per concentrare il corposo budget, superiore ai 5 milioni e mezzo investiti nella scorsa stagione, per potenziare la squadra dalla cintola in su: un paio di trequartisti da affiancare a un pacchetto interni già strutturato dove potrebbe essere Aloi il sacrificato sull'altare delle plusvalenze e per far posto a un regista; due attaccanti da aggiungere al neo-acquisto Messina e a Maniero; un'alternativa a Tito (Pinto in pole) e un esterno offensivo, a destra (si attende la firma di Micovschi) sarebbero sufficienti a garantire continuità e l'agognato innalzamento del tasso tecnico. Continuità, la parola scelta per annunciare la ripartenza da Braglia e Di Somma, torna d'attualità per un 3-5-2, solido, che varierà sì, ma solo parzialmente facendo posto a un 3-4-1-2.
Avellino, cambiare senza rivoluzionare: il 3-4-1-2 è la soluzione
Il compromesso tattico, con una precisa "lista della spesa", dopo il summit a Montefalcione
Avellino.