Con il nuovo anno nell’agenda della politica entrano con urgenza le questioni della programmazione, in particolare per quello che riguarda i capitoli dei servizi (dai rifiuti all’industria, dalla forestazione al settore sociale). Mentre il declassato ente provinciale di Palazzo Caracciolo (ora di secondo livello, in attesa della riforma costituzionale) si appresta a sperimentare le nuove funzioni di supporto ai Comuni, il banco di prova decisivo per partiti e istituzioni resta la pianificazione della nuova agenda europea 2014-20, dopo le opportunità mancate con i fondi 2007-13. In questo quadro, alla vigilia dell’appuntamento elettorale con le regionali di maggio, ha suscitato polemiche l’intesa raggiunta a Montella nel Consiglio generale della comunità montana Terminio Cervialto, dove l’Udc ha aperto le porte della giunta al Pd. Le critiche di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra, che temono il rinsaldarsi di un asse tra via Tagliamento e i centristi vicini a Ciriaco De Mita, infiammano la vigilia di passaggi importanti negli enti di servizio, a cominciare dall’Ato rifiuti.
«Abbiamo chiarito la nostra posizione con la Conferenza programmatica», spiega il segretario provinciale del Pd, Carmine De Blasio. «Siamo pronti a definire intese a partire dal nostro programma, frutto del dialogo e del confronto sui territori realizzato nel corso del 2014». Nel merito, spiega che «se alla Terminio Cervialto sono maturate le condizioni per una collaborazione dei nostri sindaci, lo si deve alla sintonia sugli obiettivi che nell’ente montano si è stabilita con la presidenza e l’esecutivo». De Blasio, la stagione delle larghe intese è finita? «Resta la volontà di ricercare il più ampio consenso per la riprogrammazione dei servizi pubblici locali e dello sviluppo economico e occupazionale, ma la collaborazione con le altre forze politiche deve fondarsi sulla condivisione degli obiettivi e delle soluzioni». Intese con chi ci sta, dunque...? «Assunzione di responsabilità, sia pure nel dialogo e nel confronto, a partire da posizioni concrete sull’Irpinia, sui rifiuti o sull’industria, per fare degli esempi...».». Anche alla Provincia? «Soprattutto. C’é stato un egregio lavoro della Commissione, presieduta da Caterina Lengua, per la redazione dello statuto, quindi delle regole fondamentali, con il coinvolgimento di sindaci del Pd, penso a Bianchino ad esempio, ma ora serve chiarezza». Continui. «Lo statuto richiedeva la collaborazione di tutti, ma sulla gestione dei problemi non possiamo sostenere chi oggi pensa di amministrare un ente di secondo livello come se fosse quello ormai cancellato dalla legge e, per di più, nel solco di una linea politica di Centrodestra...». In aula i consiglieri del suo partito hanno polemizzato con il presidente. Inizierà una fase dialettica? «La nuova Provincia prenderà forma con il tempo, serve responsabilità da parte di tutti, ma anche la consapevolezza che questo non è l’ente di quindici anni fa». Il Parlamentino, fin dagli anni ‘70 con la contrapposizione tra Dc e Pci, ha influenzato la politica a livello provinciale, riflettendo il dibattito politico irpino. Non sarà più così? «I tempi sono cambiati, oggi la riforma degli enti locali assegna ai Comuni un ruolo decisivo sulla programmazione dei fondi europei, sui servizi pubblici locali, come dimostrano i poteri commissariali attribuiti al sindaco del Capoluogo dalla Regione per l’Ato. La Provincia ha perso la sua funzione originaria, non essendo più legittimata del voto popolare, ora è una struttura importante di supporto».
Su alcuni temi, dai rifiuti ai fondi europei, non teme possano verificarsi antagonismi e rivalità tra Capoluogo e Provincia? «I ruoli sono distinti ormai, alla luce della riforma: il Capoluogo è il riferimento naturale per tutti gli altri enti locali come lo è stato dal ‘70 oggi in Irpinia, a prescindere dalla legge Delrio:?il rapporto deve essere di necessaria collaborazione istituzionale tra Capoluogo ed ente di area vasta». La sconfitta del suo partito peserà negli equilibri istituzionali con il Capoluogo? «Ritengo che il dovere della collaborazione prevarrà, tuttavia quella sconfitta non va derubricata a incidente». In che senso? «In questi giorni appare sotto gli occhi di tutti la mascalzonata che alcuni amministratori con la tessera del mio partito hanno compiuto, votando contro il centrosinistra e favorendo l’elezione di un esponente del centrodestra». Quella scelta quali conseguenze determina? «Si è agito contro l’interesse dei nostri amministratori, ma in definitiva contro un elettorato irpino, escluso dal voto, che si aspettava dai suoi rappresentanti una svolta:?unificando i due ruoli apicali, del Comune di Avellino e della Provincia, nella figura del sindaco Foti, oggi su servizi e programmazione la svolta avverrebbe rapidamente». Ora invece? «Sarà tutto più lento, ma solo fino a maggio: il voto regionale sarà la chiave decisiva» La Regione ha però deciso di accelerare sulla riorganizzazione del ciclo integrato dei rifiuti. Qui la responsabilità di insediare l’Ato è stata data a Foti. «L’ostruzionismo di qualche sindaco ha impedito l’insediamento della Conferenza d’ambito ben due volte: una volta costituito l’organismo, toccherà ai sindaci scegliere all’interno della Conferenza».
Il Pd farà una proposta? «Come abbiamo sempre fatto, ascolteremo i nostri sindaci e discuteremo con le rappresentanza, all’interno della cornice stabilita a Capriglia». Sulla partita dei fondi europei, il Presidente Gambacorta intende garantire un ruolo alla Provincia. Che ne pensa? «Nel corso della Conferenza programmatica, il Ministro Lanzetta ha annunciato la convocazione di un tavolo sulle questioni locali irpine, assicurando il sostegno del governo alle nostre autonomie locali:?credo che la politica e le rappresentanze territoriali debbano cooperare, nel rispetto di ruoli e funzioni di ciascuno, a partire da un progetto credibile di trasformazione e innovazione dell’Irpinia». La crisi economica è all’ottavo anno. Di investimenti, pubblici o privati, si parla, ma se ne fanno pochi. Come se ne esce? «Con l’agenda 2007-13 abbiamo imparato che non basta ottenere l’assegnazione dei fondi, c’è sempre il rischio che qualcuno chiuda a chiave il cassetto delle zone interne...». E quindi? «Come dicevo, la chiave è un cambio drastico alla Regione Campania: sono troppe le emergenze che il governo Caldoro ha finito per aggravare nelle zone interne con la sua politica autoreferenziale, sorda alla sofferenza della gente». Prima di tentare la svolta regionale, il suo partito deve sciogliere il nodo delle primarie, però. «Le primarie sono nel dna del Pd, ma non sono il punto in discussione:?la sfida vera è portare da?Roma a Napoli l’esperienza di governo».