Foti incazzato, quel discorso a metà: mi dimetto, lascio il Pd

Ha annunciato spesso le dimissioni. Abbiamo immaginato quello che avrebbe potuto dire.

Per salvare la sua dignità e soprattutto una città intera dall'inevitabile decadenza. Cronaca di un partito, il Pd irpino, ormai liquefatto e colpevole del fallimento.

Avellino.  

 

Questo potrebbe essere il mio ultimo discorso da sindaco. Non avrei voluto pronunciarlo. Avrei preferito raccontare i risultati ottenuti in questi anni e tracciare con voi un percorso per tutto quello che ci resta da fare. Non è andata così.

Sono stato candidato dal Pd, eletto con i voti del Pd. Ma il Pd mi ha abbandonato. Quasi subito. Lasciando che la guerra intestina nel partito si riverberasse drammaticamente su questa consiliatura, riducendo a zero i miei margini di manovra. Neppure le macerie evidenti hanno convinto i democratici a trovare una tregua onorevole. Non per il bene del partito, ma di questa città. Si sono rabbiosamente accaniti sul nulla, impegnati a fare battaglie a perdere tra loro e contro i resti del demitismo, dimenticando Avellino, i suoi cittadini e il sindaco della città.

Ho commesso degli errori. Tutti ne commettono. Ho sopravvalutato le mie capacità, e immaginato – sbagliando – di poter governare a prescindere da quello che stava accadendo nel mio partito. Mi sono accontentato di vivacchiare, sperando che tornasse il sereno, che i guerrafondai di via Tagliamento smettessero di spararsi e spararmi addosso. Tra loro e la città c'è oggi il vuoto e quel vuoto non posso certo riempirlo da solo.

Mi hanno addossato ogni tipo di colpa. Anche loro, anche quelli che mi hanno candidato. Soprattutto loro. Mi hanno chiamato bugiardo, senza carisma, immobile, senza attributi, superficiale. Sono stato zitto per non alimentare la guerra. Sono stato zitto e hanno continuato a insultarmi. Che lo abbia fatto l'opposizione non è una sorpresa, è il gioco delle parti. Che lo abbiano fatto quelli della mia parte è grave, sconsiderato, ignobile.

Ho ereditato una città piena di problemi. I cantieri, quell'inutile tunnel, piazza Libertà, i nodi irrisolti di Eliseo e Dogana, piazza Castello, la crisi del commercio, la crisi dello stesso capoluogo come riferimento provinciale, l'Acs e i rapporti ambigui con l'area grigia della città, l'Isochimica, il profondo rosso dei bilanci comunali. Tutto questo non è arrivato con me. Tutto questo mi è stato consegnato dal mio predecessore. Un carico pesante, che si sarebbe potuto affrontare solo con l'unità e la determinazione. Tutto questo non è avvenuto. Sono diventato il bersaglio di tutti. Per ogni cosa. Mentre De Luca, Famiglietti, Paris e D'Amelio si scannavano per quel che resta di un ex partito, sono stato impallinato dal fuoco amico, come un orsacchiotto alle giostre. Sono diventato la causa di ogni male. Anche per poter poi dire a tutti: non è il Pd che ha fallito, ma quel buono a nulla di Foti.

Hanno fatto male i conti. Lo dico ora, in quest'aula, davanti e tutti e senza lasciare spazio a interpretazioni.

Non sono più il sindaco del Pd. Non sono più disposto a fare da paravento al loro fallimento. Posso anche andar via, subito. Senza problemi. O cercare di chiudere con tutti voi, almeno con dignità, questa esperienza amministrativa. Non per me o per voi, ma per il bene della città.

Mi rivolgo a tutti, maggioranza e opposizione. Selezioniamo quattro, cinque punti. Un miniprogramma per non lasciare questa città senza un governo. E per avviare un percorso nuovo e che si possa realizzare subito dopo. Chiudiamo tutti insieme la porta al passato recente, quello che ci ha consegnato questa catastrofe. Diamoci un tempo: sei mesi, un anno, diciotto mesi. E poi basta.

Comunque vada non sarò più disponibile a candidarmi. Sono stato tradito e non dimentico. Ma sarebbe importante lasciare dopo aver dato a questa città e alla sua gente, la concreta possibilità di voltare pagina. A prescindere dai partiti e dalle nostre ambizioni personali.

Se lancio questo appello non è per restare qui. Non mi importa. Ho altro nella vita e una rispettabilità da difendere. Se lancio questo appello è perché ho a cuore Avellino. E sento, come molti di voi, che sarebbe ingiusto lasciare ora, nel pieno della bufera. Abbandonare la nave senza neppure avvistare terra. Ora, in queste condizioni, il futuro sindaco della città si troverà quasi nella stesa situazione. Diamoci solo il tempo di avviare una stagione nuova. E come tutte le nuove stagioni avrà bisogno di altri interpreti. Più capaci di me. E liberi dalle catene di partiti in disfacimento e interessati solo alla gestione di un potere sempre più inutile.

Grazie a tutti.

(testo di Luciano Trapanese)