«In Campania il Pd candidi un progetto...»

De Luca:?la politica deve dare risposte, non basta la conta

Avellino.  

Questo pomeriggio a Napoli la Direzione regionale del Pd scioglierà il nodo delle primarie fissate l’11 gennaio. Attesa la partecipazione del Vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini, sarà il segretario Assunta Tartaglione a proporre il rinvio al primo febbraio, stando alle indiscrezioni circolate nei giorni scorsi. Ai lavori parteciperà Enzo De Luca, dirigente regionale delegato alle Alleanze e Coordinamento del programma, che dal mese di novembre è stato protagonista degli incontri tra il Pd e i possibili alleati del Centrosinistra, in vista delle elezioni, nel frattempo fatte slittare dalla legge di stabilità a maggio. De Luca, ancora una volta la Direzione regionale si riunirà per parlare delle primarie. Sarà la volta decisiva? «Questa storia delle primarie è stucchevole, occorre prendere una decisione». Molti ricordano le polemiche seguite alle consultazioni per il Comune di Napoli nel 2011, finite poi con un clamoroso annullamento del risultato. Lei ritiene le primarie indispensabili ora? «Spetta alla politica guidare i processi, sciogliere i nodi, non si può abdicare ogni volta, scaricando le responsabilità sugli elettori...». ...e quindi? «Le primarie non sono indispensabili, sono una scelta, una opportunità, sono un mezzo per raggiungere l’obiettivo di proporre il miglior candidato possibile in relazione al progetto che propone. Inderogabile è invece la trasparenza». Tra chi si schiera per l’annullamento, buona parte dice di temere i rischi che una lotta intestina tra i candidati determinerebbe. Esiste un problema di disciplina delle primarie? «Non sono contro le primarie, ma sarebbe opportuno regolamentarle con una norma: il 7 gennaio inizia al Senato l’iter per la nuova legge elettorale, l’Italicum, potrebbe essere quella l’occasione giusta per intervenire». Come? «Servono poche regole per disciplinare i meccanismi per la selezione delle rappresentanze. I partiti vanno riqualificati nel solco del dettato costituzionale:?non possono ridursi a meri serbatoi di tessere, ma devono rendere protagonisti i territori, diventandone finalmente l’espressione». I partiti oggi sono lontani dai territori? «Dal 2006 le regole imposte da Berlusconi e dal Centrodestra hanno tranciato il rapporto tra elettore ed eletto in Parlamento. Le conseguenze non si sono viste subito, ma ora sono sotto gli occhi di tutti:?militanti e iscritti sono sempre di meno perchè nei partiti finiscono per contare poco o nulla». Manca un ruolo per i militanti? «Diciamo che non si possono cercare iscritti solo per finanziare il partito, quando si evita di coinvolgerli su scelte decisive». In che modo ritiene si debba individuare la candidatura per la guida della Regione? «Occorre avviare una discussione franca e di merito dentro il partito, mirata a centrare due obiettivi». Quali? «Trovare la strada giusta che renda credibile la soluzione da proporre agli elettori, evitando di generare confusione e instabilità...» E poi? «Candidare un nome che incarni un programma preciso: la gente oggi chiede alla politica un’azione ponderata e lungimirante, che riporti in Campania fiducia e la speranza, non interessa a nessuno la rissa o la conta interna». C’è anche da affrontare il tema delle alleanze. «Non ci sono proposte di governo alternative a quelle del Pd in Campania, questo per noi rappresenta una grave responsabilità:?dobbiamo unire le rappresentanze, con l’obiettivo di governare nella stabilità, realizzando una maggioranza riformista». Quale sintesi auspica dalla riunione della Direzione regionale? «Scongiurare l’assalto alla diligenza, rispettando tutti sotto il profilo umano: dalla riunione deve uscire un partito forte, coeso e determinato a presentare una proposta credibile agli occhi dei cittadini campani, stremati da sette anni di crisi». Teme i sondaggi sull’astensionismo? «La fuga dai seggi è un fatto acclarato nel Paese e la Campania non è al riparo da quello che non possiamo ritenere solo un disagio. Il cittadino-elettore è sfiduciato, avverte una distanza dalle istituzioni che costituisce un rischio reale per la tenuta del sistema democratico». In queste settimane la Campania è stata al centro di riunoni e colloqui a Roma, negli ambienti di governo al più alto livello. Quanto conta il voto regionale in Campania per il Paese? «La Campania e Napoli sono il riferimento per l’intero Mezzogiorno, la cabina di regia dell’Italia nel Mediterraneo: qui si gioca buona parte della capacità di reazione di un Paese che sta producendo il massimo sforzo per uscire dalla recessione e tornare a crescere in Europa». Lei è ottimista? «Nel 2015 in Campania ci sarà un cambio di marcia, oppure diventerà irreversibile il declino accentuato dalle politiche sbagliate della giunta Caldoro. Dipende dal Pd». L’opinione pubblica ha fretta di risultati. Ma si potranno fare miracoli? «Non serve una rivoluzione per dare la giusta risposta alle esigenze di famiglie e imprese: le cose importanti si fanno riflettendo, ‘passo dopo passo’, citando una espressione di Aldo Moro». Continui. «La fretta impone correzioni, ripensamenti ed errori: la prudenza di Moro è una lezione inattuata in un Paese che quasi 37 anni dopo la sua morte non ha ancora una democrazia compiuta». Oggi la gente chiede lavoro, ambiente pulito, sanità e formazione. Qual è la priorità? «I temi sul tappeto nel Paese sono quelli segnalati da Moro, dalla riqualificazione della rappresentanza al problema del debito pubblico, eppure le mille riforme annunciate e praticate in fretta non hanno mai sciolto i nodi di fondo, oggi si dice strutturali. Prima di tutto occorre stabilire nella società un clima di fiducia». Far intravedere una luce oltre il tunnel, insomma? «Spiegare alla gente che discutere non è fare accademia, ma il presupposto per modificare la realtà che tutti hanno avuto sotto gli occhi in questi giorni di Natale: per le strade abbiamo visto il lusso sfrenato di pochi e una miseria diffusa: la Campania e il Paese sono questo oggi». E’ in discussione il patto sociale nel Sud? «C’è una questione sociale in Italia, nel Sud e nel bacino del Mediterraneo, penso alle migrazioni bibliche incontenibili dall’Africa, che l’Europa continua ad ignorare. Di fronte a queste trasformazioni epocali c’è la percezione di una politica inadeguata a indicare le soluzioni». Cosa chiede a quello che sarà il candidato del suo partito alla Regione? «Spero saprà aiutare la politica a misurarsi con questi problemi: chi punta a guidare processi di sviluppo e cambiamento deve indicare soluzioni che riguardano il lavoro, la redistribuzione del reddito, l’equità fiscale, il welfare, l’ambiente e l’energia: si deve saper spiegare alla gente che non si improvvisa con pochi annunci». L’auspicio per l’Irpinia? «In Irpinia abbiamo fatto una conferenza programmatica, rimarcando la necessità di un coordinamento degli enti locali sui fondi europei: si deve rendere il territorio competitivo, per cogliere le opportunità dell’alta capacità ferroviaria nel nuovo Mezzogiorno». L’Irpinia cosa chiederà alla nuova Regione nel 2015? «Concretezza e rispetto: non si può abbandonare un progetto sociale di livello nazionale come il Centro autistico, riducendolo ad una passerella elettorale, quando basterebbe rifinanziare un decreto...».