Camera Commercio, CNA: "Dimissioni Bruno sarebbero atto di responsabilità"

L'allarme: "Con la crisi energetica le imprese sono in ginocchio"

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Chiesto al commissario ad acta uno stanziamento di 3 milioni di euro per venire incontro alle difficoltà

Avellino.  

La crisi economica nazionale, che si inserisce in un contesto che interessa tutto il mondo nella sua globalità, assume nel Mezzogiorno d’Italia e in Campania connotati ancor più drammatici, a causa delle condizioni di arretratezza endemica del nostro contesto sociale e produttivo.

Il Covid prima e la guerra in Ucraina poi hanno infatti aggravato le già notevoli difficoltà in cui al Sud versava la nostra struttura sociale: dalla sanità al sistema dei trasporti, dalla burocrazia poco accogliente delle istituzioni alla disoccupazione, fino ad arrivare al mondo delle imprese, colpite e quasi affondate da una spirale inflazionistica di cui non si riesce ad intravedere la fine.

In tale contesto la CNA si pone, con il senso di responsabilità che la situazione impone, manifestando la propria ambizione e il proprio intento di tutelare gli interessi delle imprese che rappresenta ma con uno sguardo più ampio e con la necessaria attenzione a tutte le questioni che, anche indirettamente, incidono sull’attività delle aziende.

Il dibattito sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, ad esempio, non rappresenta un problema da delegare alla politica e alle istituzioni derubricandolo a questione di mero principio.

Al contrario, l’eventuale decisione del Governo nazionale di attuare una iniqua redistribuzione delle entrate fiscali sul territorio e, di conseguenza, misure di differenziazione della spesa pubblica che danneggino le regioni meridionali comporterebbero conseguenze catastrofiche per le condizioni di vita delle nostre comunità.

Nel momento in cui lo stesso Dossier regionale della Caritas sulle povertà evidenzia un ulteriore aggravamento del processo di impoverimento della popolazione della Campania, misure di questo tipo indurrebbero una ulteriore recessione economica e problemi gravissimi per le imprese, che si troverebbero ad operare in un mercato in cui si contrarrebbe drammaticamente la domanda di prodotti e servizi.

D’altra parte la decrescita già in atto da tempo rischia di sommarsi, da subito, ad un’inflazione galoppante aggravando la difficoltà delle imprese ad assumere e determinando quindi un grave aumento della disoccupazione.

Durante i lavori delle “Giornate dell’energia” tenutesi a Roma pochi giorni fa, la CNA Nazionale ha ragionato sugli aumenti dei costi dell’energia e sulla spirale inflazionistica da essi indotta, giungendo alla conclusione che non è ancora possibile prevedere quando e su quali livelli di prezzo si assesteranno energia elettrica e gas naturale: troppe le incognite, scarsi gli strumenti a disposizione per sostituire quelle risorse.

Una cosa è tuttavia certa e palese: le piccole e medie imprese non hanno la stessa resilienza e la stessa forza contrattuale di quelle grandi per far fronte alla crisi, dal momento che queste, tra l’altro, possono rivolgersi direttamente ai produttori per strappare prezzi più sopportabili.

La stessa transizione energetica verso fonti rinnovabili rischia di arenarsi per la scarsezza di incentivi agli investimenti e per una burocrazia che, kafkianamente, rappresenta sempre più un freno piuttosto che un incoraggiamento all’innovazione.

Non si tratta, come nel caso della nuova normativa in tema di appalti, di “deregolare” con tagli quantitativi ma piuttosto di regolare avendo come obiettivo la trasparenza e l’efficienza.

Gli stessi fondi del PNRR rischiano di non essere impegnati con l’obiettivo di rafforzare la nostra struttura economica e sociale, ma di essere visti e trattati solo come una questione di mera rendicontazione della spesa all’Unione Europea.

Fino a quando non si capirà che le energie rinnovabili sono una grande opportunità sì economica, ma soprattutto culturale, investendo sulla praticabilità di modelli come quello delle “comunità energetiche” con l’obiettivo di produrre su scala locale energia pulita, bisognerà farsi carico di contribuire a sostenere l’aumento dei costi energetici delle piccole e medie imprese.

Perché esse rappresentano la spina dorsale della nostra economia nazionale, dando occupazione a milioni di persone.

In uno scenario che vedrà a breve anche la fine di strumenti di ammortizzazione sociale come il “reddito di cittadinanza”, il nostro paese e soprattutto le regioni meridionali non possono permettersi di non dare il necessario risalto nell’agenda politica alle aziende che non hanno una forza finanziaria sufficiente per sopportare i colpi di una crisi che si preannuncia ancor più veemente già dopo marzo di quest’anno; anche per la constatazione che l’aumento dei costi del gas, legato alla guerra in Ucraina, determina direttamente un aumento dei costi dell’elettricità.

Se, quindi, la stessa Legge di Bilancio non interviene favorendo la cosiddetta transizione energetica ma sulle bollette in quanto problema contingente improcrastinabile e la Regione Campania riserva interventi in tal senso solo per le aziende più strutturate, risulta necessaria un’azione a sostegno delle imprese di dimensione più ridotta.

E’ per questo che la CNA di Avellino ha presentato la proposta di stanziare 3 milioni di euro, per contribuire ai costi energetici delle piccole imprese delle province di Avellino e Benevento, al Commissario ad acta nominato dal Presidente della Regione per la redazione del Bilancio preventivo della Camera di Commercio Irpinia-Sannio.

Ente rispetto al quale la CNA aveva assunto da tempo una posizione netta a favore di un rinnovamento che mettesse al centro le imprese e non le ambizioni personali, in accordo con le principali e storiche Associazioni di categoria della nostra regione.

Tuttavia, se la Senatrice Segre è costretta a denunciare il pericolo dell’oblio per la Shoah nel nostro Paese, evidentemente non dovremmo meravigliarci se la scarsa memoria degli errori del passato non aiuta nemmeno in Camera di Commercio.

Così alcuni meri personalismi, senza avere alla base nemmeno un programma, qualche mese fa hanno prevalso determinando l’elezione di un Presidente basata su impegni, a detta dei diretti interessati, legati ad incarichi da affidare e poi non mantenuti.

Non ci interessa in questo momento commentare, perché si tratta di storia, anche se recente; quello che deve interessare, ad un’Associazione che pone alla base della propria azione il senso della solidarietà e della responsabilità, è lavorare affinché un ente che dovrebbe essere la “casa delle imprese” torni ad esserlo veramente.

Perché in un momento di così grande difficoltà c’è bisogno soprattutto di verità.

La Camera di Commercio torni quindi ad occuparsi delle imprese, soprattutto di quelle che non hanno la forza di farcela da sole.

Divenga un esempio virtuoso di collaborazione tra imprese e tra esse e la parte pubblica.

Dialoghi con la politica ma con finalità istituzionali e non personali e di potere: l’autonomia è un valore in assoluto ma in alcuni contesti rappresenta una condizione essenziale per poter operare per un bene comune.

Con un Consiglio regolarmente costituito che può legittimamente operare, a partire dalla condivisione di uno Statuto che detti le regole per il suo funzionamento, chi ha dimostrato di non saper governare i processi, forse anche per le modalità della sua elezione che ne hanno indebolito l’azione da subito, ha il dovere morale di farsi da parte.

Le dimissioni dell’attuale Presidente sarebbero un’apprezzabile assunzione di responsabilità che consentirebbe al Consiglio di verificare la possibilità di altre strade da intraprendere e ridarebbe alla Camera più che una parvenza di trasparenza, di cui in questo momento questo ente ha un bisogno vitale per cominciare a ridefinire la propria vocazione solidaristica e collettiva.