Scongiurati i licenziamenti alla "Santa Rita"

Sindacati e dipendenti soddisfatti

Atripalda.  

I sindacati sono soddisfatti, ma lo sono ancor di più i 12 impiegati della clinica “Santa Rita” di Atripalda che hanno evitato il rischio di perdere il posto di lavoro. La casa di cura di proprietà della famiglia Taccone, nel corso del secondo incontro previsto nella mattinata di ieri presso gli uffici dell’ex-Ormel della Regione Campania, ha ritirato, infatti, a tutti gli effetti giuridici e normativi la procedura di licenziamento avviata lo scorso 11 dicembre.

«Si tratta di una vittoria - si legge in un comunicato congiunto diffuso dai segretari provinciali delle sigle sindacali coinvolte nella trattativa (D’Acunto - Cgil Fp; Capone - Cisl Fp; Peretta - Uil Fp; Vassiliadis - Ugl Sanità; Iannuzzi - Mursind) - del sindacato unito che aveva da tempo richiesto il ritiro della procedura basandosi su due elementi: la incompatibilità dell’avvio della procedura stessa in presenza dell’attivazione della cassa integrazione e la necessità di discutere di una seria riorganizzazione della struttura che potesse evitare i licenziamenti stessi. La prima questione era stata sostenuta anche dall’ex-Ormel nel corso del primo incontro mentre nella seduta odierna l’azienda ha comunicato di voler procedere alla riorganizzazione della Unità Funzionale di Ostetricia e Ginecologia escludendone la dismissione o la chiusura anche parziale. Le parti hanno concordato di rivedersi in sede aziendale per la verifica delle modalità della riorganizzazione e, nelle more, di utilizzare un periodo di cassa integrazione guadagni in deroga. Le Organizzazioni Sindacali, che hanno altresì chiesto un miglioramento delle relazioni sindacali, incassato questo primo risultato - conclude la nota - restano in attesa della convocazione da parte dell’Azienda».

Ricordiamo che la “Santa Rita” fu costretta a mettere in mobilità dodici persone direttamente collegate con il reparto di maternità, chiuso dalla Regione Campania per il mancato raggiungimento della soglia minima di 500 parti all'anno. L’azienda ha già presentato il ricorso al Tar per presunti vizi negli atti assunti dalla Regione.