Carmine Ciullo sindaco di Frigento
Il servizio giornalistico di un altro organo di informazione locale, circolato in maniera virale sui social
dei cittadini frigentini, restituisce una ricostruzione parziale e pretestuosa di una situazione di degrado e solitudine sociale che la nostra comunità ha osservato in silenzio per anni. Una storia umana e familiare fatta di raggiri, sfruttamento e abbandono non dovrebbe essere ridotta ad un problema di igiene urbana. Negli ultimi tre anni, in sinergia con i servizi sociali ed il tribunale competente, abbiamo cercato di ricostruire ed abbiamo arginato la trama orrenda di una sofferenza che non può e non deve essere
spettacolarizzata.
Se è indubbiamente vero che la responsabilità delle istituzioni è principale e decisiva, è altrettanto vero che i pettegolezzi e le voci di sottofondo non hanno finora dato un supporto. Questa vicenda ci ricorda la profonda trasformazione socio-antropologica che ha attraversato le nostre piccole comunità. Un disagio profondo rinchiuso in quattro mura decadenti non crea rumore, l’odore acre del malessere non investe la collettività.
Resta lì: tutti vedono e nessuno si sente parte di un aiuto necessario. La burocrazia, purtroppo, nelle sue maglie strette, non consente di accelerare i tempi dell’aiuto. Quando qualcuno soffre vive nell’ombra il suo malessere; non fallisce la classe dirigente, fallisce una comunità nel suo insieme.
L’amministrazione comunale, ve lo posso assicurare, ha fatto e sta facendo il possibile per restituire dignità alle persone che vivono quel disagio. Continueremo a farlo senza boati mediatici e cercando di consegnare al rispetto di tutti quello che il “tanfo” della solitudine aveva rinchiuso in una casa senza più anima.
Vorrei chiudere con una citazione del maestro I. Montanelli: “Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante. Senza, per carità, allusione. Solo come promemoria”.