Venti anni fa moriva il sacerdote che amava i contadini

Oggi la celebrazione nella chiesa di San Pietro Apostolo ad Ariano Irpino

Il ricordo

Ariano Irpino.  

Venti anni fa moriva don Carminio Lo Sordo,  il sacerdote dei contadini, ci piace ricordarlo così per la sua semolicità e grande attenzione al mondo agricolo, agli operatori della terra. Fu lui uno dei principali ideatori e sostenitori della giornata del ringraziamento. A venti anni dalla sua scomparsa, oggi verrà celebrata una messa in sua memoria, alle ore 17.30 nella sua amata chiesa di San Pietro Apostolo nel borgo antico della Guardia. 

Monsignor Carmino Lo Surdo (nella foto accanto al compianto Vescovo Eduardo Davino), Abate della Collegiata di San Pietro Apostolo ad Ariano Irpino, era terzo di sei figli nato, in contrada Stillo n° 14, da Lo Surdo Luigi e Simone Maria Rosaria, una famiglia modesta, ma di grande fede. Ha sperimentato il dolore della morte sin da piccolo per la perdita di due sorelle. Ragazzino, è stato affidato al seminario di Ariano Irpino prima e di Benevento poi. Il 16 agosto 1953 è stato ordinato sacerdote e, poco dopo, gli è stata assegnata la Parrocchia di San Pietro Apostolo dove è rimasto per 42 anni, lavorando instancabilmente, capace di mediare tra la severità del metodo e un rincuorante sorriso.

Comunione, evangelizzazione e scelta degli ultimi sono stati i perni su cui si è sviluppata la sua idea di Chiesa nella quale ha operato sempre con limpida coerenza nelle sue scelte di uomo, di cristiano, di sacerdote. Il 28 dicembre 1999, consumato da un cancro, è morto con grande serenità presso l’ ospedale di Foggia.

Il primo settembre 1964 don Carminio scrive di sé: “Da tempo avevo deciso di fissare qualche appunto sulla mia vita ed attività a conclusione di ogni giornata, comincio oggi dopo tanti rimandi. Sono nato ad Ariano Irpino il 16 ottobre 1929 e sono stato battezzato in Cattedrale, dal Reverendo Benedetto Schiavo, il 24 novembre 1929, la mia madrina si chiamava Maria Anna Grasso. Da S. E. Mons. Giuseppe Lojacono sono stato cresimato il 4 maggio 1930, in quell’occasione il mio padrino è stato Costantino Salza.
Sono stato ammesso a frequentare il Seminario vescovile il 20 ottobre 1939, come alunno della classe preparatoria (V^ elementare) ed ho indossato la veste talare il 10 dicembre 1939. In quel momento delicato i miei genitori erano angosciati per le voci che giravano sull’approssimarsi dell’entrata in guerra dell’Italia, ciò avrebbe significato il richiamo alle armi di mio padre, come avvenne dopo il 10 giugno del 1940. I tempi erano difficili anche per la scomparsa dal mercato della maggior parte dei beni di prima necessità. Dopo la guerra ricevo la prima tonsura nel 1949, in Cattedrale, da S. E. Mons. Gioacchino Pedicini. In occasione della festa delle Sante Spine, dell’agosto 1951, sono stato nominato Ostiario e Lettore da S. E. Mons. Pasquale Venezia.

Nel 1951 sono stato ammesso a frequentare il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Benevento. Nello stesso anno da S.E. Agostino Mancinelli, Arcivescovo di Benevento, ricevo la nomina di Esorcista ed Accolito. Di quel periodo ricordo la morsa del gelo che mi attanagliava e a volte mi intorpidiva le mani. Tutti avevamo i geloni alle dita. Nella Cattedrale di Ariano Irpino S. E. Mons. Pasquale Venezia mi ha ordinato Diacono, il 19 marzo 1953 e, successivamente, Sacerdote il 16 agosto 1953.

Quale lo scopo di queste annotazioni?

Non simpatia millantatoria o vanagloria, più che altro un esame di coscienza, uno spunto di riflessione per il futuro. Passano i giorni, i mesi, gli anni, si oscura il ricordo di interi periodi della vita, si dimentica del tutto ciò che si è vissuto in un particolare momento. Queste note affrettate vogliono anche fissare la mia attività al giorno che fugge in modo che in futuro possa tornare su di esse con l’animo dell’inquisitore e, perché no, anche del curioso

Il diario cominciato quel giorno, per annotare pensieri e riflessioni, ha rappresentato una breve parentesi ma, se di scritto don Carminio ha lasciato poco, molto ci ha lasciato di sé perché continua ad esistere con tutto quello che ha acquisito di spirituale e di affettivo. E’ confortante ricordare, in proposito, quanto ha scritto Henry Scott Holland, canonico della Cattedrale di St. Paul, a Londra, commentando Sant’Agostino:-“la morte non è niente, sono solamente passato dall’altra parte, è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare, parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.

Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima, pronuncialo senza la minima traccia d’ ombra o di tristezza.

La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto, è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace”.

Questi scritti vogliono essere un piccolo dono alla memoria di don Carminio che ha cominciato le sue tante stampe (avvisi ai parrocchiani, comunicazioni, programmi di viaggio) con un vecchio ciclostile. Meditava di iscriversi ad un corso per imparare ad utilizzare il computer: glien’è mancato il tempo.