Al diavolo San Valentino

Nelle sabbie mobili dello zucchero il dolce diventa persino crudele

«Perchè nessuno ha mai pensato di vendere palloncini con scritte del tipo: «Il mio amore per me non ama te», oppure: «Se sono rose sfioriranno»? Troppo onesto: non si vende

Avellino.  

Certe ricorrenze, si sa, hanno lo scopo di stordire i topi al suono del flauto, creando, più che cure, solo nuovi effetti placebo. Sul web trovi con largo anticipo una miriade di offerte per cene a lume di candela a base di cibi afrodisiaci. I muri delle città di coprono di 6×3 con le pubblicità orribili di ristoranti kitsch, che propongono menù dell’amore a prezzi stracciati, ospiti d’onore come comici falliti, cantanti che non ascolta più nessuno, tronisti. L’amore è un fantasma che oscilla tra l’utopia e il romanzo d’appendice.

 

Cuori e peluche recitano: “Ti amo”, “Ti voglio bene”, “Abbracciami”, “Ti amerò per sempre”: nelle sabbie mobili dello zucchero il dolce diventa persino crudele. Al diavolo S. Valentino. Perché nessuno ha mai pensato di vendere palloncini con scritte del tipo: “Il mio amore per me non ama te”, oppure: “Se son rose sfioriranno”? Troppo onesto: non si vende. E poi, che vuol dire veramente ti amo? Amare è fatica di ogni giorno, è portare pesi, fermandosi sempre un passo prima del precipizio. Io donna e tu uomo siamo razze diverse dentro la stessa specie.

 

Quante volte, illudendoci di amare, abbiamo smesso di riconoscerci? Quante volte l’amore è stata per noi la via maestra per l’errore? Nessuno ci ha educati al rispetto di ciò che non ci appartiene. La mia vita, come la tua, è dotata di percorsi, ricchezze, avarie, altre strade già battute. Poi ci siamo incontrati, scegliendoci tra molti altri. 1+1=3: esisto io, esisti tu ed esiste il noi, che deve arricchirci e migliorarci oltre l’uno che, anche insieme, ciascuno continua ad essere.

 

Per stare insieme non bastano cene a lume di candela e mutandine di pizzo; a volte persino l’amore non basta. Ci vogliono piuttosto intelligenza e umanità, bisogna accettare che la vita di ciascuno è un mistero, e che quand’anche avessimo conosciuto ogni cosa di chi amiamo, ci sarà sempre quel pensiero taciuto, quella percezione minima, quell’unico episodio, che renderanno la sua vita ancora un mistero. Ci vogliono rispetto e delicatezza, distanza e grazia, felicità per gli spazi dell’altro.

 

Quando la distanza da te è rispetto e accoglienza, diventa distanza verso di te. E’ frutto della morale cattolica l’idea del martirio come base della salvezza, per la quale tanto più degna è la gioia quanto maggiore è il grado di violenza e privazione che ci si è inflitti per meritarla. Ed è frutto delle strategie di consumo il ridurre l’amore a infatuazione, attrazione fisica e tenerezze da asilo infantile. Io voglio essere felice seriamente, per questo chiedo radici a una terra più alta che profonda.

 

Voglio poter scegliere ciò che mi migliora, non sopportare quello che mi annoia o mi deprime, che mi invecchia e mi logora, che mi allontana dal raggiungere la perfezione del mio genere. Detesto i regali, soprattutto a S. Valentino. Odio i gioielli, e provo orrore per i fiori freschi. Mi viene l’ulcera ad ascoltare canzoni neomelodiche piene di “Per sempre” e di “Senza di te muoio”. Solo senza la propria vita si muore. Per amare bisogna aver prima imparato a stare da soli.

 

Ne vedo troppe di donne e di uomini che, come falene, confondono la luna con la luce dei lampioni. Molti, più che amarsi, si fanno calore nel cratere della vita. Durante le cenette del 14 febbraio, decine di fidanzati giovani mangiano senza rivolgersi una sola parola per tutta la serata. Accanto, quei due sono sposati da trent’anni, e forse questo è l’unico giorno in cui fingono di avere ancora qualcosa da dirsi.

 

L’atmosfera è piacevole, il buio luminoso e calmo. Guardo il mio compagno e penso alla tenerezza tra noi, all’amore che va e viene, che oggi chiude e separa, domani apre e pulisce. A volte, per festeggiare il mio S. Valentino mi basta il tepore familiare seduti l’uno accanto all’altra, o riconoscere il rumore della sua macchina tra quello delle altre in strada in un giorno qualunque. A cena, si parla delle solite cose, che pure hanno una loro forma meravigliosa. Nulla è cambiato, in fondo, nemmeno l’amore.

Eliana Petrizzi