Nell’anfiteatro romano di Avella il maestro Goran Bregovic trascina con la sua celebre “Orchestra Serba dei Matrimoni e dei Funerali” circa tremila appassionati di musica gitana. Uno spettacolo nello spettacolo, quello organizzato ieri sera nel complesso archeologico avellano nell’ambito della ormai consolidata rassegna musicale del “Pomigliano Jazz in Campania”, che per il quarto anno consecutivo sceglie il comune del Mandamento per le location dei suoi concerti.
Dopo Mario Biondi, Ludovico Einaudi e George Benson, un altro artista di calibro internazionale ha suonato nell’anfiteatro. E non commetteremmo peccato sostenendo che, rispetto ai primi tre artisti, Bregovic è riuscito più di tutti ad appassionare gli spettatori coinvolgendoli, dall’inizio alla fine, con il suo sound etnico. Un miscela non solo musicale ma anche culturale, che nasce dalla frontiera balcanica, una terra misteriosa dove si incrociano tre culture: ortodossa, cattolica e musulmana. Melodie che hanno ripercorso anche il tempo dei gitani, un vero e proprio memorabile affresco del popolo rom in bilico tra realismo e sfrenata fantasia.
Con le debite proporzioni, l’operazione di integrazione multiculturale riesce anche all’Amministrazione Comunale di Avella. Grazie all’osmosi venutasi a creare in questi anni con il “Pomigliano Jazz”, ed in particolare con il direttore artistico Onofrio Piccolo, il Comune del Mandamento, poco per volta, comincia a far conoscere il suo inestimabile patrimonio storico ed archeologico al grande pubblico campano. «E’ stata una manifestazione bellissima, con il pubblico letteralmente in delirio – ha commentato il sindaco di Avella, Domenico Biancardi – Un altro artista di spessore culturale ha suonato nell’anfiteatro romano. Prosegue il nostro progetto di valorizzazione del patrimonio locale».
Tornando alla musica di Bregovic: sonorità fragorose, selvagge, un po' alticce, affidate agli ottoni, alternate ad altre solenni, toccanti. Affascinanti le voci delle due coriste bulgare, le cui voci ben si sposavano con le trombe e il sax, incantando specialmente il pubblico quando hanno affrontato il tema del "Tempo dei gitani", con la soave “Ederlezi”, che dà anche il titolo al cd-antologia delle colonne sonore di Bregovic. E' una mistura scoppiettante, che fonde il jazz, tanghi e ritmi folk slavi, suggestioni turche e vocalità bulgara, polifonie sacre ortodosse e moderni battiti pop con quel pizzico di elettronica che non guasta. La si potrebbe definire "world music", sound cosmopolita. Una musica che si balla. Dappertutto. Prima sulle gradinate, ma che poi finisce per far scatenare in platea persino il pubblico più colto, quello abituato ad ascoltare in silenzio dalla prima fila. E quando Bregovic esegue di fila le celeberrime “Marushka”, “Gas gas” e “Kalashnikov”, l’anfiteatro rischia davvero di esplodere tant’è il ritmo impresso dall’orchestra e dal pubblico che, tra strumenti e battiti di mani, si fondono in un tutt’uno.
Rocco Fatibene