“Sempre ritornano i boschi negli occhi, / verde riemerge dal cuore. / Sempre ritorna l’anima / alla sua dimora” (Se tu non andrai). Versi, questi di vera Mocella, che racchiudono una filosofia, un pensiero che va ben oltre un credo comune.
L’uomo da sempre si interroga sul bene e sul male, un dualismo antico al quale, nel corso della storia si è tentato di dare risposta attraverso il pensiero religioso. L’interrogativo di fondo è da ricercarsi nel senso della vita, in quel perché dal quale molti uomini sono tormentati e cui difficilmente riescono a dare risposta. Se per i più prevale la legge secondo cui la natura dell’uomo è bestiale e il senso della vita sta nell’emanciparsi verso l’amore, trattasi quindi di un cammino progressivo, per tal altri il cammino è regressivo, una discesa vertiginosa verso il centro di se stessi, la direzione è sempre l’amore.
Ma quel che c’è, poi, nella più intima particella dell’animo umano, lo stabilisce il proprio credo o la propria interazione con il mondo dello spirito. La bibbia insegna che Dio creò l’uomo puro, solo in un secondo momento si macchiò del peccato originale, lo stesso concetto è espresso in molti altri credo, l’uomo era pulito e felice, non conosceva il male, non si era contaminato con la materia. In tutti i miti della creazione l’uomo è plasmato di materiali poveri, di argilla soprattutto, a partire dai Sumeri, di mais per gli Indios del Sudamerica, ecc., materiali che la natura trasforma velocemente e scompone in sostanze primarie. Ma il grande spirito alitò sulla sua scultura il soffio di vita rendendola a sua immagine. Il dio creatore regalò la propria energia vitale al fantoccio che si animò.
Dunque, secondo questi principi, la natura dell’uomo non è cattiva perché è fatta della stessa natura di Dio, la cattiveria sopraggiunge nel momento in cui, per dirla con Dawkins, il “gene egoista”, si ritrova a dover salvaguardare la propria discendenza, allora si attiva per organizzare la difesa e l’eventualmente attacco. Ma per il grande biologo e saggista, la parte immortale degli esseri viventi è il gene, l'unità ereditaria fondamentale degli organismi animali e vegetali. Per alcuni altri e tra questi la nostra poetessa irpina Vera Mocella, l’immortalità è la ricongiunzione col grande spirito creatore: “Sempre ritorna l’anima alla sua dimora”.
Nel caso di Vera, l’impegno dell’uomo nel suo cammino terreno non è rifuggire il male ma andare dritta verso il bene senza distrazioni o ripensamenti, scendere nella propria anima ed incontrare la luce che emana, perché quella particella adimensionale è un piccolo frammento dell’altissimo. Ci si chiederà come è possibile che tutte le anime siano buone se al mondo esiste il male, ebbene questa dissertazione non riguarda la nostra Vera che è tutta volta al bene anche quando il dolore possiede il suo cuore di donna o le ferite del mondo lacerano le sue carni. Il suo è un canto vero come il nome che indossa, puro come un cantico, in cui l’amore perde i confini e trascende dal cuore all’anima senza sporcarsi pur nella sua veste carnale.
“Gli occhi sono limpidi adesso / sono puri…(…) / Possiamo ancora Essere / risvegliarci e amare / giocare a nascondino / nei cortili profumati di maggio / e sognare / trai campi d’agosto / immensi -/ illuminati di sole.” (Il passato non fa più male). Occhi limpidi, profumi di maggio e di cortili, sole e campi luminosi di agosto, sogni nel cuore ancora e sempre pronto a rimettersi in gioco tra le pietre dure di un paese non proprio a misura ma comunque amato. Vera è così nella vita quotidiana, attenta al bene di tutti e alla pace intorno a sé, disposta ad ascoltare e dare amore anche quando è lei ad averne bisogno. Forse è questa ammirazione, legame solido nato da antiche ferite, che mi ha indotto a scegliere Vera per inaugurare, sabato 31 gennaio, il nuovo ciclo “L’energia dell’arte” all’Osteria Pica a Lioni.
Ripartiremo col giusto piede, tra persone che credono nel valore immenso dell’amicizia e della cultura, della convivialità e del rispetto del prossimo. Ad intervenire saranno: Emilio De Roma coordinatore della Grande Madre, Giuseppe Vetromile da Napoli dell’Ass. IncontrArci, Claudia Iandolo scrittrice, Nicola Guarino di Arteuropa. Musica di Gerardo Lardieri intermezzo canoro di Daniela Salvo, il tutto coordinato da chi scrive. Con la presentazione del testo di Vera Mocella si inaugurerà la personale di pittura del maestro Giacomo De Troia "Il Teatro della Vita". Artista lucerino (FG), di talento innato, inizia molto giovane la sua attività creativa con terracotta ornamentale, ceramiche, vetrate d’arte per cappelle e monumenti funebri. Presto il suo estro sfocia nella pittura dalla quale ottiene notevoli soddisfazioni affermandosi prima all’estero poi in Italia.
Pennello policromo, con colori puri e giochi di opposizioni, interpreta la realtà in modo del tutto personale, frammentandola o sommandola è sempre pronto a nascondere dietro una sorta di farsa la drammaticità della vita. Maschere, clown, burattini e balocchi popolano gli spazi pittorici di questo straordinario pittore visionario.
Franca Molinaro