Nobile, l’eroe del Polo

Lo scienziato-esploratore nacque 130 anni fa a Lauro, in Irpinia

Avellino.  

Irpino per caso, e di passaggio (nacque a Lauro il 21 gennaio 1885 da Vincenzo e Maria la Torraca, originari di Eboli, che ben presto si trasferirono a Napoli), e tuttavia capace di stabilire un feeling affettuoso e genuino con la sua terra natale fino all’ultimo giorno, Umberto Nobile resta uno dei pochi scienziati italiani, con Fermi e Marconi, a segnare la storia del Novecento. Una vita intensa e movimentata, la sua, e a tratti leggendaria, che ha ispirato decine di articoli e libri, e persino un film di successo, La tenda rossa, una coproduzione italo-russa del 1970, con Sean Connery, Claudia Cardinale e Peter Finch. È uno dei pochissimi scienziati, a tutt’oggi, ad aver ricevuto riconoscimenti scientifici, contemporaneamente, dal Vaticano, dall’Urss e dagli Usa. A Mosca fu accolto con tutti gli onori, visse e studiò, dopo la tragica spedizione del dirigibile "Italia", dal 1931 al 1936; lo stesso anno, al ritorno in Italia, Pio XI lo nominò membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Tre anni dopo eccolo alla Lewis holy name school of Aeronautics di Lockport, nell’Illinois, invitato per dare vita ad una facoltà di Ingegneria aeronautica. Negli Stati Uniti, dove si stabilì fino al 1942, otterrà inoltre la cittadinanza onoraria di New York e Boston (oltre a quelle di Roma, Napoli, Milano, Genova) e la medaglia d’oro d’onore da parte del Congresso. E allo scienziato-esploratore di Lauro, conosciuto e premiato in ogni parte del mondo, sono dedicati tuttora l’Umberto Nobile Circle di Anchorage (Alaska) e Nobilefjellet, nelle isole Svalbard, nel circolo polare artico. Le stesse in cui l’Italia, nel maggio del 1997, settant’anni dopo Nobile, ha realizzato una base permanente del CNR. Il comandante Nobile, come veniva chiamato dai compagni di viaggio e dai tanti estimatori, è inoltre uno dei pochi esploratori del nostro secolo (l’unico in Italia, con il duca degli Abruzzi) a vedersi dedicare un Museo Nazionale, oltre a quello, in fase di rilancio ed espansione, di Lauro: è il Centro di documentazione “Umberto Nobile”, al Museo storico dell’Aeronautica Militare, dove sono custoditi molti cimeli delle spedizioni polari, lettere, disegni, documenti, un archivio fotografico e la sua biblioteca privata, con oltre 6.000 volumi. I resti dell’"Italia", il dirigibile con cui Nobile raggiunse e sorvolò il Polo Nord, il 24 maggio 1928, sono invece conservati presso il Museo Polare Italiana e Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” di Fermo. Se gli anni Trenta furono quelli dell’esilio volontario e dei continui e importanti riconoscimenti all’estero, è nel decennio precedente che Nobile raccolse i frutti più significativi della sua competenza scientifica e dell’inesausta sete di scoperte e di conoscenze. Laureatosi in ingegneria industriale al Politecnico di Napoli a soli 23 anni, e dotato di una formazione umanistica completa, subito brillante vincitore di concorsi nazionali, Nobile realizzò nel 1920 le prime innovative applicazioni sull’uso del paracadute, individuale e collettivo. Due anni più tardi, ecco l’invenzione destinata a garantirgli notorietà internazionale e perenne: il dirigibile semirigido, modello N, assai più leggero, affidabile e veloce di quello tradizionale.

L’IMPRESA DEL “NORGE”
L’invenzione di Nobile, promosso nel frattempo colonnello dell’aeronautica italiana, suscita ben presto l’interesse del più grande esploratore del tempo, il norvegese Roald Amundsen, il primo a raggiungere l’Antartide, nel 1911, e dell’industriale statunitense Ellsworth. I due puntano a raggiungere in volo il circolo polare artico e si affidano al dirigibile N 1 costruito da Nobile, che in onore del governo norvegese, principale promotore della spedizione, si chiamerà Norge. L’equipaggio è composto da 16 persone, fra cui 6 norvegesi e 6 italiani, e a bordo vi sono Amundsen, Ellsworth e Nobile. In Alaska, dopo circa 5.300 km di volo ininterrotto, il dirigibile atterrò incolume senza alcun aiuto da terra, mediante l’impiego di un dispositivo di atterraggio da Nobile stesso ideato. Un’impresa che stupì, e tenne per tre giorni con il fiato sospeso, il mondo intero: “(…) Così la nostra spedizione – ricordò lo stesso Nobile nel libro Ali sul Polo era giunta vittoriosamente al suo termine (…) Avevamo provato che in quella regione non esiste un continente, ma un mare ghiacciato, il mare Polare, e noi per primi avevamo attraversato quel mare”.

LA TRAGEDIA DELL’ “ITALIA”
Di ritorno dalla storica trasvolata del Polo Nord, Nobile fu accolto da eroe, con calorose manifestazioni di entusiasmo, anche nella sua Lauro, che si strinse attorno al suo figlio più illustre nei momenti decisivi della sua vita. L’impresa del "Norge" aveva ottenuto una risonanza internazionale troppo clamorosa per non suscitare un interesse particolare da parte del governo italiano, che già aveva collaborato alla spedizione del 1926. per il regime fascista una nuova impresa del genere, sempre affidata a Nobile, appariva un’occasione di prestigio e di propaganda irripetibile. Stavolta la spedizione fu allestita all’insegna dell’autarchia, senza la presenza prestigiosa e dunque “ingombrante” di Amundsen, con il dirigibile "Italia". A bordo 14 tra ufficiali, scienziati e tecnici, più la cagnetta-mascotte Titina. Dopo due voli di esplorazione e ricerca, a nord della Siberia, durante il terzo viene raggiunto e sorvolato il Polo Nord. Sui ghiacci dell’Artide vengono lanciati la croce che Pio XI aveva affidato all’equipaggio e la bandiera tricolore. È il 24 maggio del 1928. L’indomani, alle 10.30 del mattino, sulla via del ritorno, la tragedia: il dirigibile si schianta sul pack, e l’aeronave schizza via, lacerata, con sette uomini a bordo. Ma la tragedia non è finita. Quando il primo aereo di soccorsi raggiunge il gruppo, il 24 giugno, e riparte con Nobile, il comandante viene accusato di essersi messo in salvo per primo, abbandonando i suoi compagni nella famosa “tenda rossa”. I superstiti, infine, saranno tratti in salvo, quasi moribondi, 45 giorni dopo la collisione, dall’equipaggio della nave rompighiaccio sovietica Krassin. Le spedizioni di salvataggio precedenti, allestite in tutto il mondo, erano andate a vuoto, e in una di queste aveva perso la vita anche Roald Amundsen. A Nobile fu impedito di partecipare, come avrebbe voluto, alle operazioni di soccorso: ordini ufficiali da Roma lo tennero praticamente prigioniero. Alla tragedia seguì la farsa della commissione d’inchiesta nominata dal governo, che condannò l’operato di Nobile. Sulle conclusioni ebbero un peso determinante i risvolti politici: la commissione appurò infatti che Nobile professava “idee socialiste”.

DALLA COSTITUENTE ALL’UNIVERSITÀ
La riabilitazione di Nobile, che solo in Italia aveva subìto l’umiliazione delle polemiche e di un processo-burla, avvenne solo alla caduta del fascismo nel 1945, e non senza difficoltà. Ancora nel 1945, come rivela il “Corriere della Sera” in un servizio esclusivo del 27 dicembre 1995, il nome di Nobile figurava nell’elenco dei docenti universitari per i quali il nuovo Consiglio superiore della pubblica istruzione (composto, tra gli altri, da Piero Calamandrei, Adolfo Omodeo, Luigi Einaudi, Francesco Flora, Concetto Marchesi) raccomandava l’annullamento della nomina. Quella di Nobile risaliva al 1 agosto 1926, quando aveva ottenuto la cattedra di costruzioni aeronautiche all’Università di Napoli. La posizione di Nobile venne tuttavia chiarita e la riabilitazione fu completa. Nello stesso anno fu promosso generale dell’aeronautica militare italiana e nel 1946 fu eletto deputato, come indipendente nelle liste del Pci, nella Costituente. E anche in quell’occasione l’Irpinia gli fu vicina: “Avellino – ricorda nel suo libro Federico Biondi – gli aveva riservato, in gennaio, una manifestazione entusiastica nel teatro Umberto, come ad una delle tante vittime illustri delle persecuzioni fasciste”. Dopo la prestigiosa ma breve parentesi politica Nobile poté tornare ai suoi studi e all’insegnamento universitario a Napoli, dove creò nel 1954 l’Istituto di aeronautica. Nello stesso anno pubblicò l’opera scientifica più importante, gli Elementi di aerodinamica. In quel periodo, inoltre, fu il primo a introdurre in Italia lo studio della “Meccanica dei gas estremamente rarefatti”. Morì a Roma il 30 luglio 1978, all’età di 94 anni, assistito dalla moglie tedesca Gertrude Stolp e dalla figlia Maria. Due anni prima, nel cinquantenario della spedizione del "Norge", la sua città natale, Lauro, gli aveva tributato l’ennesima, festosa accoglienza, in una giornata rimasta memorabile.

Paolo Speranza