Quei ragazzi che "aprono le scatole" di una città che dorme

“Ouvre-boîte” è una associazione culturale avellinese, fondata da ragazzi di 17/18 anni.

Abbiamo ascoltato la cofondatrice, Carmen Melillo: «Promuoviamo con dedizione e passione ogni forma di cultura».

Avellino.  

“Ouvre-boîte”, se non lo sapeste, è una parola francese e significa “apriscatole”. Una parola banale, forse, ma che ha ispirato la creazione di qualcosa al di fuori dell’ordinario. Stiamo parlando di un’organizzazione culturale fondata da un gruppo di ragazzi di Avellino tra i 17 e i 18 anni che ha lo scopo di evidenziare i talenti e dilettare gli appassionati di letteratura, musica e cultura in generale. Carmen Melillo, studentessa e co-fondatrice ci dà maggiori informazioni a riguardo.

Innanzi tutto, come nasce l’associazione culturale Ouvre-boîte?

«In realtà noi non siamo un’associazione - precisa subito -. Ma ci piace chiamarci così proprio per quelli che sono i nostri obiettivi. A ogni modo, Ouvre-boîte nasce da un’idea di Asia Pinto, fondatrice della nostra organizzazione e appassionata di lingua e letteratura francese. Da una conversazione con il padre sulla necessità di far “aprire la mente” alle persone viene fuori l’idea di base di questo progetto: promuovere con dedizione e passione ogni forma di cultura presente sul territorio e quale parola poteva essere più adatta di “apriscatole”?»

E poi?

«E poi si aggiunse gente. In linea di massima tutti possono entrare a far parte di Ouvre-boîte, basta avere tempo, voglia e idee. I primi io e Asia li abbiamo scelti in base alle nostre conoscenze. Altri, invece, li vedevamo per strada e sembravano “illuminarsi”, pensavamo “lui/lei deve esserci” e li fermavamo chiedendogli se potevano essere interessati al nostro progetto. E’ stata una cosa speciale. E’ così che siamo cresciuti.»

Com’è partito il tutto, le prime iniziative?

«Abbiamo organizzato delle serate a tema, durante le quali si potevano suonare brani, leggere poesie inedite e non. Le prime – all’epoca io non c’ero ancora – non ebbero molto successo. Venivano poche persone se non consideriamo i ragazzi della stessa associazione. Ci riunivamo in locali piccoli, non c’era spazio. E non c’era pubblicità, anche. Ma c’era motivazione.»

Quando avete iniziato a farvi conoscere?

«La prima serata che ci diede maggiore visibilità fu quella del 24 gennaio, Les Plaisirs, durante la quale organizzammo un “Boosik sharing”, uno scambio di libri e cd. Ci fu parecchia partecipazione ed entusiasmo anche perché avevamo finalmente trovato una location migliore sia dal punto di vista della visibilità che della compatibilità per quello che volevamo fare. La seconda serata, quella a tema Blues, pure andò bene, suonò una band e ci divertimmo tutti.»

Quindi i giovani rispondono bene a questo tipo di iniziative?

«I ragazzi sì, è la città a non rispondere bene.»

A cosa ti riferisci?

«Abbiamo avuto problemi con il locale che ci ospitava e ora non ne riusciamo a trovare altri, non ci sono luoghi adatti e se ci sono costano. Questo è un ostacolo difficile da superare. Inoltre, essendo noi un’associazione culturale, non ci sogneremmo mai di mettere un biglietto per gli eventi che organizziamo. Le nostre sono tutte spese. L’unica cosa che guadagniamo è la partecipazione dei ragazzi, e questo significa che qualche “scatola” l’apriamo davvero».

Attualmente siete fermi quindi?

«Per quanto riguarda le serate sì, anche se momentaneamente. Ma nel frattempo, per tenerci comunque attivi, stiamo girando un video, una sorta di intervista su cosa sia per noi Ouvre-boîte, sui suoi obiettivi, sulle energie che vi riversiamo. Uscirà a breve. Ma speriamo presto di ritornare nei locali a contatto con i ragazzi.»

Alessandra Vitale

((studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)