La polizia di Bangladesh ha identificato il mandante della strage del 1° luglio in un ristorante a Dacca, in Bangladesh, dove un commando di almeno 5 uomini ha massacrato 22 persone, tra cui 9 italiani.
Si chiama Tamim Chowdhury, ha circa 30 anni e ha doppia nazionalità canadese e bengalese. Gli inquirenti sono risaliti a lui dopo un blitz antiterrorismo durante il quale sono stati uccisi 9 militanti; Chowdhury che si troverebbe ancora in Bangladesh.
Secondo quanto riferiscono i media bangalesi, Chowdhury sarebbe il leader e il maggior finanziatore di una fazione particolarmente feroce di "Jamaat-ul-Mujaheddin Bangladesh", gruppo ultra-islamista fondato nel 1998 e al bando dal 2005. L'uomo fungeva da collegamento tra Jmb e l'Isis, che ha rivendicato l'attacco all'Holey Artisan restaurant.
Oltre al massacro del caffe' di Dacca, Chowdhury sarebbe anche responsabile di un attacco durante una preghiera per l'Eid sei giorni dopo. "Chowdhury è il mandante dei due attentati. Abbiamo lanciato una caccia all'uomo in quanto riteniamo che si trovi ancora in Bangladesh da quando è tornato dal Canada tre anni fa", ha detto un investigatore.
Tra le nove vittime italiane c'era anche Simona Monti, sorella di Don Luca, parroco di Santa Lucia di Serino. La storia di Simona trucidata al quinto mese di gravidanza ha commosso il mondo intero. Le parole di suo fratello hanno raggiunto il cuore di tutti quando poche ore dopo la morte disse: “Se il sangue di mia sorella possa essere servito a Dio per portare la pace nel mondo, potrò dire, nonostante il comprensibile dolore umano, di essere orgoglioso della morte di mia sorella”. Lo ha detto in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000.
“L’invito – ha aggiunto don Luca – è saper rispondere con il Vangelo della misericordia e del perdono, attraverso la lucidità e il coraggio della fede cristiana, ad una religione essenzialmente intrisa di violenza e odio. E se è vero che questi occidentali sono stati uccisi perché non conoscevano il Corano, allora Simona è morta martire”.
“Mi viene in mente la frase di Papa Francesco – ha sottolineato don Luca – quando dice che per la corruzione non c’è perdono. Questo movimento terroristico fa parte della gamma della ‘corruzione’, dunque non c’è perdono. Allora il perdono è la scelta di una riconciliazione pronta e dolorosa ai piedi della Croce, nell’accettazione di come sono andati i fatti”.
Siep