di Paola Iandolo
Si è concluso con tre anni di reclusione il processo davanti al tribunale di Avellino, in composizione collegiale, presieduto dal giudice Sonia Matarazzo, a latere Fabrizio Ciccone e Michela Eligiato per Clemente Caliendo accusato di usura, presunto componente del clan Pagnozzi difeso dall'avvocato Valeria Verrusio. Escluse tutte le aggravanti e la recidiva reiterata. Il pm Raffaele aveva invocato una condanna a cinque anni di reclusione per Caliendo che nel corso dell'udienza preliminare aveva chiesto di essere giudicato con rito ordinario. Udienza gup che si concluse con un'assoluzione, una condanna a sette anni per Gerardo Marino e un rinvio a giudizio per un altro presunto componente del clan Pagnozzi. Il Gup del Tribunale di Napoli, Tommaso Perrella mandò assolto Paolo Pagnozzi dalle accuse di usura e tentata estorsione in danno di un imprenditore beneventano. Pagnozzi, assistito dagli avvocati Giuseppe Milazzo, Giovanni Adamo e Immacolata Romano, era stato arrestato per questi fatti lo scorso mese di settembre, prontamente scarcerato dal Tribunale della Libertà per "carenza dei gravi indizi". L'avvocato Valeria Verrusio ha già anticipato che è pronta ad impugnare la sentenza emessa nei confronti del suo assistito in primo grado e a presentare istanza di scarcerazione di Caliendo, sottoposto ai domiciliari da un anno.
La ricostruzione
Secondo il Pubblico Ministero della Dda di Napoli, Francesco Raffaele, Paolo Pagnozzi - in qualità di reggente del clan della Valle Caudina- avrebbe dato mandato ai suoi coimputati Gerardo Marino e Clemente Caliendo di prestare soldi all’imprenditore per poi minacciarlo di ammazzare a seguito di alcuni suoi ritardi nel versamento delle rate. Il collegio difensivo, dopo aver rivendicato l’inutilizzabilità di alcune conversazioni intercettate in ambientale, ha anche evidenziato la mancanza di elementi di prova contro Paolo Pagnozzi. Per quest'ultimo il pm ha impugnato la sentenza di assoluzione.