La tragica fine di Rambo nel carcere di Ariano: ecco chi era il detenuto suicida

Considerato dagli inquirenti un torturatore di migranti, seviziati e uccisi

A suo carico accuse pesantissime che vanno dal sequestro di persona, violenza sessuale, omicidio aggravato e favoreggiamento della prostituzione...

Ariano Irpino.  

Lo chiamavano Rambo ed era considerato dagli inquirenti un torturatore di migranti, seviziati e uccisi. Era stato arrestato nel 2017 a Crotone in Calabria dopo le drammatiche testimonianze di alcuni migranti sopravvissuti al massacro in un centro di detenzione in Libia. A suo carico accuse pesantissime che vanno dal sequestro di persona, violenza sessuale, omicidio aggravato e favoreggiamento della prostituzione. Le violenze avvenivano prima dell'arrivo dei migranti in Italia. Aveva 25 anni quando fu fermato dalla polizia di Agrigento nel 2017 nel Cara Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto. Testimonianze scioccanti quelle raccolte dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dalla Dda. Migranti hanno raccontato di essere stati torturati con cavi elettrici in tensione, o addirittura appesi in aria per essere poi picchiati a sangue con violenza inaudita, imbavagliati e uccisi. Una fine atroce che ha visto tra le vittime anche minorenni. 

Il detenuto in questione, di origini nigeriane, ieri ha messo ferro e fuoco il carcere Campanello di Ariano Irpino, dove era ospite da un mese, scelto tra gli istituti più sicuri in Italia, nonostante le difficoltà quotidiane legate alla drammatica carenza di agenti.

Un detenuto complicato con un lunghissimo fine pena.  Avrebbe dovuto scontare almeno altri 20 anni di carcere. A memoria non si ricorda una violenza simile nel penitenziario arianese nel corso degli anni. Gli agenti sono stremati come pure la stessa direttrice Maria Rosaria Casaburo che da ieri ha seguito costantemente insieme al suo staff questa vicenda dosì drammatica che poteva assumere risvolti ancora più tragici. Il 32enne si è letteralmente barricato in cella, mandando quattro poliziotti in ospedale, di cui uno con fratture serie e mettendo a rischio la vita di un altro detenuto. Da solo contro tutti, come un forsennato, inavvicinabile. Una forza inaudita, ha massacrato gli agenti con una spranga di ferro.

Dopo un'intensa opera di persuasione condotta con grande professionalità, prudenza e coraggio dai poliziotti si è era riuscito in qualche modo a riportare la calma nell'istituto. 

Sembrava che tutto fosse rientrato e oggi il triste epilogo di questa incredibile storia, con la decisione di togliersi la vita nonostante la sorveglianza attiva della polizia penitenziaria, stremata dopo due giornate di terrore.