di Paola Iandolo
Nuovo Clan Partenio – “Pasquale Galdieri non ha mai fatto veramente parte del clan Genovese”. A sostenerlo in aula in una lunghissima arringa difensiva, l’avvocato Leopoldo Perone, co-difensore insieme all’avvocato Nicola Quatrano di Pasquale Galdieri. “Nonostante questo, il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Napoli ritiene che ci sia una condizione inequivocabile in cui la fine dell’operatività del clan Genovese, esaurita nel 2003 – come riferiscono le sentenze – deve necessariamente collegarsi al Nuovo Clan Partenio e a Pasquale Galdieri, che ricorre in ogni fase dell'indagine condotta dall'ufficio di Procura”, afferma l'avvocato Leopoldo Perone.
Inoltre ha chiesto “con forza al Pubblico Ministero di ritrattare quanto da lei ipotizzato la fama criminale di Pasquale Galdieri si fonda solo su delle ipotesi, ma non c’è un solo dato oggettivo che possa confermare l’ipotesi accusatoria. Abbiamo selezionato centinaia di atti e non c'è mai stata la certezza della minaccia, la certezza dell'estorsione, la certezza del metodo mafioso. L'unica cosa che interessava al Pubblico Ministero era la certezza del metodo mafioso; anche a discapito dell'evidente errore”.
Pasquale Galdieri è stato anche assolto nell’inchiesta risalente sul Clan Genovese e anche risarcito per ingiusta detenzione. “Tutto il materiale d’indagine è stato interpretato ma che nella realtà non trova fondamento nei fatti. Non c’è alcuna prova concreta che possa avvalorare tali affermazioni accusatori”. Dunque l’avvocato Perone ha concluso la sua lunghissima protrattasi fino a tardo pomeriggio invocando l’assoluzione per il suo assistito detenuto nella casa circondariale di Sassari: “dovete assolvere Pasquale Galdieri e cancellare queste accuse mendaci”.
La discussione dell’avvocato Nicola Quatrano
“I provvedimenti di proroga sono immotivati e tutti affetti dallo stesso vizio. Lo stesso vale per le intercettazioni captate nell'appartamento di Pasquale Galdieri. Tutte queste prove si basano esclusivamente sui risultati delle intercettazioni che, per le ragioni che ho esposto, ritengo inutilizzabili”. Ha iniziato così l’arringa l’avvocato Nicola Quatrano che ha messo in discussione la validità delle prove raccolte tramite intercettazioni telefoniche nel processo, sostenendo che i provvedimenti di proroga fossero privi di motivazione e affetti da vizi procedurali.
L’avvocato Quatrano ha precisato “Tutti i contenuti considerati elementi cardine dell’inchiesta si basano su meri sospetti. Altro vizio formale, poi, è stato quello relativo alle richieste di archiviazione dove, ancora, mancano determinate motivazioni del giudice, formali – sicuramente – ma non superficiali”. L’avvocato Quatrano ha messo tutto in discussione sostenendo che “tutto si basa su delle supposizioni senza una base solida, e voglio porre l’accento, evidenziare sulla mancanza di prove concrete che avvalorino le affermazioni fatte nel corso dell’istruttoria dibattimentale. La verità processuale che dovete appurare non può essere frutto di interpretazioni”.
Si torna in aula l’11 luglio con eventuali repliche del pubblico ministero.