Attilio Di Grezia a Campo Spina ci è arrivato morto

L’esecuzione di Attilio Di Grezia avvenuta in un luogo diverso da quello del ritrovamento

Testimoni sono passati in quella zona la sera e il corpo non c’era Le indagini a questo punto si spostano a Capocastello di Mercogliano

Mugnano del Cardinale.  

«Quella sera, il cadavere a Campo Spina non c’era». Una voce insistente, quella che il giorno dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Attilio Di Grezia circola a Mugnano del Cardinale. E’ la voce di “Radiobosco”, di chi conosce a menadito le montagne del Partenio. Di chi trascorre intere giornate in quelle alture perché fonte di sostentamento economico per le proprie famiglie.

 

E a Campo Spina, in quel quadrivio ai piedi dei rifiugio forestale di Santa Filomena, dal quale si riscende a valle verso Mugnano ma da cui è possibile risalire fin su Capocastello di Mercogliano, ogni giorno, prima che faccia buio, sono in tanti a passare: cercatori di funghi e tartufi, cacciatori, pastori, operai delle imprese dedite al taglio boschivo. Se l’omicidio di Di Grezia fosse avvenuto nella giornata di mercoledì qualcuno si sarebbe accorto del cadavere. Ma, probabilmente, così non è stato.

 

Quella di Radiobosco è una voce che rileva ai fini delle indagini poiché una delle più ipotesi più accredito, al vaglio degli inquirenti, è proprio quella del delitto commesso altrove. I colpi inferti alla schiena, la posizione del cadavere sulla neve, pancia all’aria e mani ritratte all’indietro, la giacca rialzata sul volto, danno l’impressione che qualcuno abbia trascinato il corpo del 31enne di Mercogliano, dopo averlo scaricato probabilmente da un’auto, magari nottetempo, approfittando del buio e del luogo isolato.

 

A Campo Spina, poi, non sono stati ritrovati bossoli a terra. Un ulteriore elemento che lascerebbe propendere per la tesi dell’omicidio avvenuto altrove. Di sicuro, ne sapremo di più in giornata. All’ospedale Moscati di Avellino verrà effettuata in mattinata l’esame autoptico. Ad eseguirlo il medico legale Lamberto Pianese, coadiuvato dal perito balistico Alessandro Lima, entrambi incaricati dal Pm della Procura della Repubblica di Avellino Maria Teresa Venezia. Dal corpo di Di Grezia saranno pertanto estratti i proiettili dai quali sarò possibile ricavare almeno due fondamentali indicazioni.

 

Innanzitutto, qual è stata l’arma utilizzata dai sicari, che potrebbe rappresentare una firma implicitamente data all’azione omicidiaria. Se poi l’autopsia dirà pure che si tratta di un’arma semiautomatica, a quel punto sarà spiegata l’assenza di bossoli a Campo Spina. Le modalità dell’esecuzione, quattro colpi alla schiena di cui uno alla testa, intanto portano gli inquirenti a seguire l’inquietante pista collegata alla criminalità organizzata. A dimostrarlo nelle prossime ore potrebbe essere il passaggio di consegne del fascicolo dalla Procura ordinaria a quella Antimafia di Napoli.

 

Anche perché c’è uno specifico passaggio sulla recrudescenza criminale in Irpinia all’interno della relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre 2014, presentata in Parlamento dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano il 13 gennaio scorso. Nel documento delucidato alle Camere si afferma, senza mezzi termini, che in Irpinia “permane il predominio del clan Cava di Quindici”, di cui Di Grezia veniva considerato un affiliato o quanto meno un fiancheggiatore, e che “nel comune di Avellino sembrano emergere avvisaglie di un tentativo di riorganizzazione da parte della famiglia Galdieri, mentre sono ancora detenuti gli elementi di spicco del locale sodalizio Genovese”. Dunque, si parla di un nuovo sodalizio nell’area tra Avellino e Mercogliano, quello che avrebbe potuto avviare anche una vera e propria epurazione dei soggetti scomodi alla sua ascesa. E Di Grezia poteva rappresentare un ostacolo.

 

Rocco Fatibene