Aggressione nel carcere, U.M. colui che – ad avviso degli inquirenti - ha aperto la cella del detenuto ristretto nel reparto di Alta Sicurezza della casa circondariale di Bellizzi Irpino si è avvalso della facoltà di non rispondere. Anche L.P. non ha voluto rispondere ad alcuna domanda del gip del tribunale di Avellino, Fabrizio Ciccone che ha emesso le misure nei loro confronti.
Interrogatorio di garanzia di G.I.
Domani invece toccherà al terzo agente penitenziario G.I. iscritto nel registro degli indagati con le accuse di lesioni e falso ideologico per aver, insieme agli due colleghi di turno il 9 marzo scorso, favorito l’aggressione di L.C. detenuto di origini pugliesi. G.I. - ad avviso della pubblica accusa - è colui che dopo il brutale pestaggio e le continue richieste di aiuto invocate da L.C. ha impedito che la vittima potesse uscire per chiedere soccorso chiudendo nuovamente la porta della cella. L.C. nella violenta aggressione ha riportato lesioni considerate guaribili in 40 giorni, per la frattura del naso provocato con calci e pugni inferti dagli altri detenuti ristretti ed iscritti nel registro degli indagati: L.V. G.M. G R. e A. S., tutti e tre di Napoli detenuti per altre cause.
Fissato il primo riesame
Intanto gli avvocati Gaetano Aufiero, Gennaro Santorelli e Claudio Mauriello hanno già provveduto a depositare i ricorsi dinanzi al tribunale del riesame di Napoli. Il 16 dicembre verrà discusso il riesame per G.I. Si attendono le date per gli altri due agenti penitenziari sottoposti alle misure degli arresti domiciliari.
Le indagini sul violento episodio proseguono
Al vaglio degli inquirenti altri eventuali profili di responsabilità. Per il gip che ha firmato l’ordinanza di misura cautelare per i tre agenti penitenziari “non sono credibili le dichiarazioni rese dalla psicologa di turno quel giorno e presente nella sala dedicata ai colloqui con i detenuti ubicata difronte la cella di L.C. brutalmente picchiato da altri detenuti”. Infatti ad avviso del gip anche “lei avrebbe sentito le urla di dolore e di aiuto”. Ma i pubblici ministeri Vincenzo Toscano e Vincenzo D’Onofrio continuano ad indagare per escludere eventuali collegamenti tra agenti penitenziari e criminalità organizzata.