"Ancora forti tensioni, nel carcere napoletano di Poggioreale, determinate dal pochissimo personale sanitario che espleta in maniera stoica le proprie mansioni: l'enorme mole di lavoro per l'ormai storico problema del sovraffollamento, viene portato a termine con grosse difficolta' e critici ritardi che creano elevato disagio a chi in carcere e' preposto a mantenere l'ordine e la sicurezza per l'incolumita' di tutti".
Lo denuncia, in una nota, Luigi Castaldo, segretario regionale Campania Asppe confederata Consipe (confederazione sindacati Polizia Penitenziaria).
"All'ordine del giorno - prosegue il sindacalista - si verificano proteste e rimostranze di vario genere. Solo con deontologia ed alto senso del dovere si riesce a calmare gli animi. Il numero degli infermieri e dei medici che lavorano a Poggioreale e' a dir poco esiguo e definirli 'eroici' risulta addirittura limitativo, viste le turnazioni massacranti e il periodo pandemico ancora in atto".
Castaldo chiede un intervento tempestivo al direttore generale dell'Asl Napoli Ciro Verdoliva e al governatore della Campania Vincenzo De Luca, "per garantire maggiori risorse sanitarie principalmente per la tutela della salute di tutti a vantaggio dell'interesse collettivo".
Ma il Covid dilaga nei penitenziari campani
“Sono la Campania con 167 detenuti positivi (i focolai più consistenti a S.M. Capua Vetere con 83 casi e Napoli Poggioreale con 44) a cui aggiungere i 137 agenti penitenziari, la Lombardia con 143 detenuti (Milano San Vittore 44, Monza 30) e la Sicilia con 134 detenuti (Augusta 40, Siracusa 29) e 102 agenti le regioni più esposte alla nuova ondata di contagi Covid 19. Nel giro di tre settimane il numero dei positivi si è quintuplicato sino a toccare il tetto dei 730 tra i detenuti e i 718 tra il personale penitenziario. Cosa attendere ancora? “.
È l’interrogativo del segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo per il quale “a questo punto non si può sminuire l’allarme che pure abbiamo lanciato da qualche settimana. Dopo l’incremento esponenziale dei casi di Covid “fuori”, il carcere non può essere considerato immune, tanto più che è stata abbassata l’attenzione sulla prevenzione e il controllo, con la scomparsa di mascherine e prodotti igienizzanti. Se dunque il Ministero alla Salute ha lanciato da qualche giorno la campagna per la somministrazione della quarta dose raccomandata agli over 60 si faccia lo stesso nei penitenziari dove ci sono migliaia di detenuti over 60, soggetti fragili e con malattie croniche. In particolare – sottolinea Di Giacomo – si faccia tesoro dell’esperienza della prima campagna vaccinale con i noti ritardi e i noti problemi per organizzare tutto in tempo ed evitare che le disfunzioni non si ripetano nuovamente. Con l’aggravante che risulta complicato isolare i positivi per la carenza di spazi che invece il Ministero ha individuato con le “casette per l’amore. Per Di Giacomo “a rendere la situazione ancora più complicata – aggiunge - è la notizia, in contemporanea ai focolai in alcuni penitenziari, del licenziamento dei 1000 Operatori sociosanitari (Oss) assunti tramite l’ordinanza 665 della Protezione civile del 22 aprile del 2020 proprio durante la prima ondata di pandemia per garantire controllo ed assistenza dei detenuti. Si tratta di personale sanitario indispensabile considerata la continua e costante emergenza di personale che caratterizza il sistema sanitario in carcere".
"Un contesto drammatico non solo per il Covid quanto per la diffusione nei penitenziari di malattie infettive come l’hiv, l’epatite B e C e la tubercolosi. Ancora una volta – afferma Di Giacomo – è la macchina burocratica a bloccare il proseguimento del lavoro degli Oss perché risulta difficile il dialogo su cosa fare tra tre Ministeri (Lavoro, Sanità e Giustizia) e nonostante alcune Regioni alle quali è stata delegata la sanità penitenziaria siano disponibili a metterci, attraverso i propri bilanci, le risorse finanziarie necessarie”.