Omicidio Gioia, i testimoni: "Aldo era dispiaciuto, la sua Elena era cambiata"

Prosegue il processo per l'omicidio di Aldo Gioia, il 53enne ucciso dal fidanzato della figlia Elena

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Avellino.  

Una nuova udienza questa mattina per l'omicidio di Aldo Gioia, il 53enne ucciso a coltellate da Giovanni Limata, il fidanzato della figlia Elena, anch'essa imputata per concorso in omicidio.

Sono stati escussi in aula i cinque testimoni di lista della parte civile, rappresentata dall'avvocato Brigida Cesta.

Al banco dei testimoni il fratello maggiore di Aldo, Giancarlo che, in merito alla relazione della nipote con Giovanni, lucidamente afferma: "Aldo non era preoccupato, era profondamente dispiaciuto. Elenuccia - la chiamava così- per lui era davanti a tutto il resto. Amavano la pesca, andavano insieme a pesca di calamari con il gozzo che gli avevo regalato. Avevano un rapporto bellissimo".

Di questa passione comune a padre e figlia racconta in aula anche Giovanni Preziosi, un amico d'infanzia di Aldo, che con loro passava i weekend in barca: "Noi avevamo un rapporto di profonda amicizia e lui aveva con Elena un rapporto di estrema complicità; quei weekend sulla piccola barca di Aldo erano così sereni, loro erano complici anche nella gestione dell'imbarcazione. Avevano così tanti spunti di conversazione".
Nonostante l'amicizia di lunga data che li legasse, Aldo non aveva mai parlato di Limata al suo confidente.

Fabio Ciccone, collega e amico di Aldo, era invece a conoscenza della relazione di Elena con Giovanni.
Tra le lacrime afferma: "Aldo in quel periodo era molto triste perché vedeva questo rapporto con preoccupazione. Non vedeva quella persona giusta per Elena. Si sa che ogni genitore vorrebbe il meglio per i propri figli. Nonostante ciò, mi sembrava che Aldo avesse timore di affrontare la situazione, anche perché vedeva Elena molto nervosa, molto arrabbiata. Non voleva farla stare peggio probabilmente".
E poi si ferma, tra le lacrime: "È triste. Era triste Aldo. Era sempre stato gioioso, ma in quel periodo non era più così. Perché non riconosceva più sua figlia. Era diversa".

E poi il dottor Fabio Policino, professore di medicina legale della Federico II di Napoli, chiamato ad analizzare la relazione autoptica della dottoressa Carmen Sementa alla luce della perizia psichiatrica effettuata su Giovanni Limata dalla quale, ricordiamo, si evince un forte stato d'ansia che lo porta a lesionismo e autolesionismo.
"L'ansia non può essere considerata un disturbo mentale. È componente della nostra vita, quasi quotidianamente. Essa non è sufficiente a considerare il soggetto in quel momento incapace di intendere e di volere. Giovanni Limata non voleva mettere in atto un'azione dimostrativa. Lui voleva uccidere. L'efferatezza e la forza con cui ha affondato i colpi sono stati tali da tagliare persino le ossa del torace".

L'ultimo teste in aula è stato il consulente informatico Catello Pio Buono: "Abbiamo analizzato i cellulari sequestrati e fatto delle copie forensi per analizzarne il contenuto. In questo caso specifico si è trattato di un'operazione non replicabile. Siamo riusciti a incrociare le chat tra i dispositivi e abbiamo trovato piena corrispondenza".  

La prossima udienza è prevista per il 27 aprile, data molto attesa, perché verranno ascoltati i due fidanzatini.