“Avrebbero potuto ucciderci e non gliene sarebbe importato più di tanto”.
Cesare Rubinaccio, 63 anni, responsabile della sede territoriale del Vallo di Lauro di Irpiniambiente, a Quindici, il primo colpo lo ha sentito che mancavano pochi minuti alle sei.
“Hai poche cose da fare: io mi sono buttato a terra e stando steso sul pavimento ha sentito tutte le altre botte, tre, in rapida sequenza”.
C'è un vecchio detto: “Quando succede una cosa a Quindici vuol dire che tutto il resto del Vallo è già a posto”.
Dopo i colpi di arma da fuoco contro il cantiere della scuola in corso di realizzazione a Lauro e le raffiche di mitra contro il forno crematorio in via Cimitero a Domicella, il cerchio si è chiuso. Puntuali sono arrivati dove tutto ha avuto inizio e, con ogni probabilità, dove tutto si decide ancora.
La sede di Irpiniambiente è un capannone con uno slargo. Un vecchio opificio in mattoni e calcestruzzo ampliato con strutture moderne in vetro e pannelli prefabbricati. Vecchio e nuovo convivono in qualche centinaio di metri al coperto, con la servitù di un ampio cortile esterno dove trovano posto i mezzi che, tutti i giorni, escono per effettuare la raccolta rifiuti nel Vallo di Lauro.
Irpiniambiente è in periferia. La sede, volendo, è attaccabile da altri lati, ma quello più nascosto, dove si trovano gli uffici, è l'ideale.
Devono aver agito in due. Hanno usato una stradina che corre parallela il lato uffici. Si sono fermati e chi era al lato del guidatore, puntando dall'alto verso il basso, ha sparato. Il calibro è di quelli che abbattono gli elefanti.
Se la scientifica la numerazione della sequenza l'ha fatta seguendo un criterio oggettivo, ovvero il numero uno è il primo colpo, chi ha sparato ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro. Hanno usato una carabina. Il proiettile ha incocciato un vetro rinforzato a 2 due metri e venti centimetri di altezza. Ha attraversato tutto l'ufficio, è sceso a un metro e 92 e si è conficcato nella parete uscendo dall'altra parte, in un corridoio, a un metro e 90 di altezza per poi cadere a terra.
Quando i malviventi hanno agito nella sede di Irpiniambiente c'era tutto il personale: 13 persone. A caso, chiunque di loro poteva essere al posto della parete: il proiettile non è né buono né cattivo, corre finché ne ha la forza.
Gli altri tre colpi la scientifica li ha ritrovati spicconando la parete esterna dell'opificio.
Se vuoi mettere paura e basta, spari alle gomme o dai alle fiamme i mezzi, come è già accaduto qualche giorno fa, sempre a Irpiniambiente. Evidentemente, questi quattro colpi hanno “ribadito un concetto” e fatto capire a chi deve che da quel momento in poi si passa alle vie di fatto.
Ora, perché si incendino i mezzi dell'azienda pubblica che effettua in tutta la provincia la raccolta dei rifiuti e si spari alle finestre dei suoi uffici è facile da immaginare: basta trovare la risposta al perché, a meno di un chilometro di distanza in linea d'aria, hanno sparato altri colpi intimidatori all'indirizzo del cantiere della scuola di Lauro. Cantiere anonimo, privo di ogni cartello che possa in qualche modo far identificare chi ci lavora, a quanti soldi e con quale tempistica
Non la raffica esplosa (sempre a Lauro e sempre in un cantiere della scuola) nel 2015.
No.
Parliamo di poche settimane fa. A Napoli le chiamano stese. Nel Vallo di Lauro ogni singolo colpo porta il suo carico di storia: di ammuina se ne fa il meno possibile, ma fintanto che è possibile. Appena una decina di giorni fa, il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, antenne finissime le sue, aveva avvertito tutti sulle scarcerazioni imminenti di personaggi legati alla camorra e al Vallo di Lauro. Le sveglie calibro 9 gli hanno dato ragione.