di Andrea Fantucchio
Era accusato di aver fatto esplodere una bombola di gpl piena di oltre dieci chili di polvere da sparo, danneggiando seriamente un capannone che si trova fra Mugnano e Baiano. Gli investigatori non avevano dubbi: un tentativo di estorsione contro i proprietari della struttura, arrivato dopo una serie di minacce e intimidazioni per riscuotere dei pagamenti. Oggi – dopo sei anni dai fatti contestati - i giudici di Avellino hanno assolto con formula piena Stefano Miele, finito nell'inchiesta con il fratello, Fortunato, freddato a colpi di pistola nel 2013. Una esecuzione maturata – per gli inquirenti – in un contesto di criminalità organizzata. Sui quali aveva indagato l'antimafia napoletana.
Secondo la Procura i due fratelli avevano fatto da intermediari, con una società del Nord Italia, per la vendita dei capannoni a tre imprenditori del mandamento baianese. E per questo avrebbero preteso dei pagamenti per l'uso dei locali. «Ti sparo proprio»; «Sei uno scemo»; «Fai una scelta intelligente con quei capannoni». Alcune delle minacce descritte dai tre imprenditori: uno di loro si era poi costituito parte civile durante il processo.
La difesa è riuscita a dimostrare l'assoluta estraneità di Stefano Miele. Gli avvocati, Gaetano Aufiero e Stefano Vozella, hanno chiarito come gli elementi a carico dell'imputato, rispetto all'attentato dinamitardo, erano discordanti e insufficienti per emettere una sentenza di condanna. Al pari delle minacce e delle intimidazioni. Una ipotesi corroborata da diverse testimonianze e prove acquisite durante il lungo processo. Questa mattina è arrivata la sentenza. In Corte D'Assise il collegio giudicante, presieduto dal magistrato Luigi Buono (a latere i giudici Giulio Argenio e Lorenzo Corona) ha assolto l'imputato con formula piena.