Strage bus: «Cinque anni senza risposte, ma lotteremo ancora»

Cinque anni dalla strage del bus dell'Acqualonga. Le parole di Giuseppe Bruno (Vittime dell'A16)

Avellino.  

 

di Andrea Fantucchio 

Sono passati cinque anni dall'incidente del bus che è precipitato dal viadotto dell'Acqualonga, fra Monteforte Irpino e Taurano. Una tragedia che è costata la vita a quaranta persone. Per la cui morte sono chiamati a rispondere quindici imputati accusati a vario titolo di omicidio plurimo colposo, falso in atto pubblico e disastro colposo.

«Sono cinque anni che ci battiamo con un pilastro, Autostrade, che deve essere punita così come la motorizzazione, vogliamo giustizia e serenità», spiega a 696 Tv Giuseppe Bruno, presidente dell'associazione “Vittime dell'A16”. Uno dei tanti parenti delle vittime che, in questi anni, non hanno mai smesso di combattere. E aspettano con ansia la fine del processo.

«Vogliamo giustizia, pace e serenità, per i nostri cari che non ci sono più. Oggi ringrazieremo la comunità di Monteforte Irpino». Che ha organizzato una messa e poi il ricordo di quel drammatico giorno di luglio.

Un dramma rivissuto anche nell'ultima udienza dalle parole di due sopravvissute, Pastorina De Felice e Annalisa Caiazzo. Le due donne hanno raccontato dei momenti che hanno preceduto il volo del pullman dal viadotto. Hanno parlato dell'autista, Ciro Lametta, che non rispondeva ai loro appelli. Nemmeno quando il mezzo ha impattato le barriere stradali prima di abbatterle. E poi, la De Felice, ha descritto con grande emozione gli ultimi momenti passati accanto al marito. L'uomo si è accovacciato su di lei per salvarle la vita, sacrificando la propria. Per lui e per tutti gli altri si continua a combattere, oggi come cinque anni fa.