Caso Petrone, sei indagati: quegli attimi prima dello sparo

Sei indagati. Tre misure di cautelari. Alcuni dettagli dell'ordinanza firmata dal gip.

Secondo quanto emerge dall'ordinanza Petrone, il fratello e altri tre amici, sarebbero stati accerchiati e minacciati ripetutamente da sei giovani. Poi il giovane rapper di Serino, che provava a fuggire, sarebbe stato bloccato.

Contrada.  

 

di Andrea Fantucchio 

«Andate via, sennò prendete le mazzate!», «Dovete stare zitti qua è casa nostra!», alcune delle minacce che sarebbero state rivolte a Federico Petrone, al fratello e ai tre amici, prima del ferimento del giovane rapper di Serino con un colpo di pistola. I fatti sono avvenuti a Contrada, di fronte a un bar del paese la sera del 9 gennaio.

Le misure cautelari

Sono sei gli indagati indicati nell'ordinanza di applicazione delle misure cautelari firmata dal gip, Antonio Sicuranza, su proposta dal pm, Paola Galdo. Il capo di imputazione originario, lesioni aggravate in concorso, è cambiato in tentato omicidio aggravato in concorso. Sono stati poi eseguite dai carabinieri di Baiano, agli ordini del comandante Gianluca Candura, tre misure cautelari a carico di altrettanti giovani di Contrada: domiciliari per il 19enne G.C. e il 22enne G.D.F, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per P.K. Per gli altri tre indagati, tutti di età compresa fra i 18 e i 22 anni, non sono state ritenute sussistenti le misure cautelari.

La richiesta della Procura

La richiesta della Procura è arrivata dopo la perizia realizzata dal medico legale Elena Picciocchi e dal perito balistico Alessandro Lima.  Secondo la ricostruzione degli investigatori gli indagati avrebbero accerchiato Petrone, il fratello e altri tre amici. I ragazzi erano stati attirati, nei pressi del bar del paese, con alcuni messaggi. Li sarebbero stati minacciati con diverse ingiurie. Nel corso dell'aggressione Petrone sarebbe stato immobilizzato da G.D.F. Poi - dopo essersi sottratto alla presa - è stato ferito da un proiettile esploso, da distanza ravvicinata, da una pistola semiautomatica di marca glock. Stando alle dichiarazioni di Petrone, assistito dall'avvocato Viviano Nobile, G.C. avrebbe in un primo momento provato a spararlo mirando alla testa ma la pistola si sarebbe inceppata. Versione diametralmente opposta a quella resa dall'indagato che, assistito dagli avvocati Ettore Freda ed Edoardo Fiore, ha sempre sostenuto che il colpo fosse partito accidentalmente.