di Andrea Fantucchio
Si è chiuso con una doppia assoluzione il processo per furto aggravato dall'utizzo della violenza sulle cose e indebito utilizzo di carte di credito in concorso a carico di di S.D.S., 55enne di Avellino, e della compagna, M.D.R., 49enne di Montefalcione.
Come è nato il processo
La vicenda giudiziaria scaturisce da una denuncia del 2015. Una donna ha raccontato di essere stata derubata della borsetta. All’interno c’erano tre carte di credito, due libretti postali, e centocinquanta euro in contanti. La borsa si trovava nell’auto della signora, una Renault Clio, parcheggiata poco distante dal cimitero di Aiello del Sabato. Dove la persona offesa si era recata a far visita alla mamma defunta. Al suo ritorno aveva trovato il vetro della vettura rotto: la borsa era sparita. La signora, nel corso del processo, ha raccontato di aver visto, all’ingresso del cimitero, quattro persone: due adulti e due bambini, mai notate prima in zona. Dopo il furto la donna aveva verificato che le carte rubate erano state usate: tre prelievi da 950 euro complessivi eseguiti allo sportello bancomat di un ufficio postale avellinese.
Le incongruenze rilevate dalla difesa
La polizia giudiziaria aveva acquisito le registrazioni delle video della posta e degli altri esercizi commerciali nelle vicinanze. Avevano così identificato S.D.S. e i suoi familiari. Un testimone aveva raccontato di aver visto l’uomo, che conosceva bene, nei pressi del cimitero. La difesa, rappresentata dall’avvocato Danilo Iacobacci, ha smentito l’attendibilità della prova regina: rappresentata proprio dalle immagini raccolte dai servizio di video sorveglianza. Nelle immagini viene immortalato un uomo di corporatura robusta, accompagnato da moglie e figli piccoli. Ma non c’è certezza che si tratti degli imputati. Inoltre, come ribadito dal difensore, c’è una discrasia di oltre otto ore fra le immagini raccolte dall’ufficio postale, che risalgono alle 5.02, e quelle della ditta, che sono state girate alle 12.08. Di fatto non c’è certezza che gli imputati si trovassero nel luogo del prelievo.
Alla luce della contraddittorietà del quadro probatorio, il giudice Giulio Argenio ha disposto l’assoluzione per “non aver commesso il fatto”.