Frode milionaria: no al dissequestro per 6 imprenditori irpini

Sequestro per sei milioni di euro: riguarda imprenditori conciari accusati di evasione fiscale.

Un'inchiesta coordinata dal Procuratore Aggiunto, Vincenzo D'Onofrio, che ha ipotizzato un'evasione dell'Iva da sei milioni di euro mediante l'utilizzo di "società cartiere".

Solofra.  

 

di Andrea Fantucchio 

Restano sotto sequestro i beni dei sei imprenditori della Valle dell'Irno finiti sotto inchiesta per una presunta evasione fiscale milionaria. Il Tribunale del Riesame questa mattina ha rigettato i ricorsi presentati dagli avvocati. Cinque le attività finite sotto la lente d'ingrandimento della Procura di Avellino.  L'accusa ipotizzata dagli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto presso il tribunale di Avellino, Vincenzo D'Onofrio, è quella di un'evasione di Iva da sei milioni di euro.

Le tasse sarebbero state eluse mediante la "frode del carosello". E quindi con l'utilizzo di società cartiere che facevano da filtro e permettevano di evadere l'Iva, attraverso numerose transazioni di compravendita e la creazione di fatture inesistenti. 

Tre anni di indagini svolte dai carabinieri del comando provinciale di Avellino al comando di Massimo Cagnazzo e dal personale delle Dogane Campania-Calabria. Un lavoro certosino che ha permesso agli inquirenti di ricostruire parte della contabilità delle società finite sotto inchiesta. Ed evidenziare una presunta sistematica evasione dell'Iva. Indagine alla quale è seguito il sequestro motivato oggi in aula da D'Onofrio.

Il procuratore aggiunto ha spiegato in modo dettagliato alcuni aspetti salienti dell'inchiesta. A partire dall'attività svolta dagli investigatori per evidenziare le presunte irregolarità, su tutte le transazioni ritenute "sospette" che includevano proprio le società cartiere. E ha chiarito perché il dissequestro dei beni avrebbe rappresentato un errore anche per la futura evoluzione dell'indagine. Il ricorso presentato dalla difesa è stato così rigettato dal collegio giudicante presieduto da Paolo Cassano, a latere i magistrati Francesca Spella e Giulio Argenio.