Niente lavoro? Divento saltimbanco. La storia di Alessandro

Lino ha 25 anni, di Altavilla, ed è un'artista di strada. Ha trasformato la passione in lavoro.

I suoi spettacoli hanno uno scopo ben preciso, un messaggio di vita: «Bisogna sempre lottare contro le ingiustizie. C'è sempre un'altra strada».

Altavilla Irpina.  

L'Italia della crisi e della disoccupazione. Le speranze sembrano gradualmente sparire col passare degli anni. Giovani sfiduciati nell'avvenire. Diventa quasi impossibile trovare un lavoro. E allora, perché non provare a crearsi nuove prospettive inventandone uno nuovo? Magari partendo da una passione da bambino. E' esattamente quello che ha fatto lui.

Alessandro Severino, venticinquenne di Altavilla Irpina. Giocoliere di strada. In arte, Lino.

«Come spesso accade, tutto inizia per gioco – racconta -. Da piccolo facevo roteare coltelli da cucina e arance, aspettando che il pranzo fosse pronto. Ricordo di ammirare i giocolieri. E chi se lo immaginava che sarebbe diventato il mio mondo, la mia professione».

Mai dire mai. Un qualcosa lo spinge a iscriversi al "Gruppo sbandieratori" del suo stesso paese. «Avevo circa undici anni. Decisi di iscrivermi perché amavo fare manifestazioni, spettacoli. I più esperti mi insegnarono a sbandierare. Esperienze come queste mi hanno formato molto. Le porterò con me, sempre - continua -. A oggi, sono il presidente di questa associazione», dichiara fiero di sé.

Nel 2005 si iscrive alle scuole superiori. «Non avevo la più pallida idea di cosa scegliere, cosa fare. Mi iscrissi all'istituto "Guido Dorso" di Avellino. Ma dopo qualche anno lasciai. La scuola non faceva per me. Sono uno spirito libero. Avevo bisogno di altro. Decisamente».

Dopo l'abbandono dei banchi scolastici, la ricerca di un impiego è inevitabile. «Dai diciannove anni in poi ho fatto di tutto. Dall'imbianchino all'animatore . Tuttavia, mi sentivo incatenato. L'idea di avere un qualcuno che mi comandasse non mi andava giù. Ho avuto brutte esperienze. Così le mie assunzioni non duravano molto», afferma.

Si sa, in un periodo di crisi economica, bisogna accontentarsi di tutto. Ma mai farsi mettere i piedi in testa.

Siamo nel 2013. Primi di maggio. Alessandro vuole reinventarsi. E' stanco del continuo tira e molla. «L'unica cosa che mi faceva sentire me stesso era la giocoleria. Incominciai a imparare guardando video di giocolieri su Youtube. Osservavo, mi procuravo gli attrezzi e mettevo in pratica. Provavo i miei primi numeri all'aria aperta, nelle piazze di Altavilla. Volevo far capire alla gente che nulla è impossibile se si ha passione e dedizione».

Prova dopo prova, i risultati sono evidenti. Il livello di prestigio aumenta. Il giovane talentuoso è richiesto a esibirsi in molte feste, manifestazioni. «I primi di spettacoli erano molto semplici. I miei primi oggetti sono state le palline e le clave - continua -. Col passare del tempo, però, la semplicità non mi bastava. I miei spettacoli dovevano avere un tocco in più. Imparai così a usare monociclo e trampoli, fatti a mano da mio padre», dice.

«Mamma e papà non ritenevano fosse opportuno continuare questa strada. Spesso mi rimproveravano. Volevano un lavoro stabile, che mi assicurasse la paga ogni mese. Ma li convinsi. Ero sicuro di quello che facevo. Stavo ottenendo soldi e successo con la mia determinazione. Stavo vedendo i miei sogni realizzarsi. Non c'è nulla di più bello, a mio parere. Ora i miei sono orgogliosi di me».

Nel frattempo, gli spettacoli di Alessandro sono sempre più ricercati. «A questo punto, volli aumentare la posta in gioco. Ero deciso. Nei miei spettacoli ci sarebbe stato anche il fuoco. Negli ultimi minuti dello show».

Difficile diventare uno sputafuoco. Difficile non impossibile. «Anche stavolta Youtube mi è stato maestro. E' un'arte pericolosa e l'ho appresa con la massima cura, video dopo video. Nei miei primi allenamenti sputavo farina col fuoco per poi passare a una "polvere magica"», conferma.

Dunque, il fuoco ha contribuito a dare quel tocco magico. Ora, è il momento di pensare a una firma di riconoscimento. Quel qualcosa che fa intuire la presenza di Alessandro in strada. «Ero diventato abbastanza famoso nelle mie zone. Di conseguenza volli perfezionare il mio talento».

La perfezione arriva. Alessandro vuole un nome d'arte. «Per un breve periodo della mia vita ho lavorato in un duo "Nando&Lino". Ci esibivamo insieme. Io ero Lino, ovviamente. Purtroppo il destino ha voluto che le nostre strade si dividessero. Da qui prende vita il nome "Lino's Street Circus"».

Già, il suo è un vero circo di strada. «Mi piace la strada. Mi piace perché fermo chiunque mi capita avanti e lo trasporto in una realtà che trascende l'immaginario. Riesco così a portare gioia e aria di festa facendo gioire gli spettatori più piccoli e dando a quelli più grandi la possibilità di tornare bambini. Mi basta entrare in uno spiazzale, posizionare l'inseparabile trolley contenente tutti gli attrezzi e selezionare la traccia giusta dello stereo», racconta.

Certo, dietro un grande artista ci sono grandi aiutanti. «La mia fidanzata e i miei amici mi sono sempre accanto. Ovunque vada. Mi aiutano a sistemare gli attrezzi, curano i miei appuntamenti e la mia pagina Facebook. Se sono diventato quel che sono, devo ringraziare anche loro. Lo ammetto. In particolare la mia fidanzata. Lei è non è solo la mia dolce metà ma anche amica, consulente. Le devo molto ».

Inoltre, Lino non ama travestirsi. «Investo serietà nel mio lavoro. Travestirmi come un pagliaccio significherebbe sminuire e banalizzare il messaggio dei miei spettacoli. Non a caso, il mio outfit consiste in una camicia elegante bianca, un pantalone nero e calzini lunghi a strisce bianche e rosse», confida.

Ma l'elemento portante è solo uno. Lo stereo. «Nei quaranta minuti di esibizione, ci tengo ad avere come sottofondo la colonna sonora de "La vita è bella". Accentua la mia motivazione nell'esibirmi. Ma soprattutto accentua la motivazione delle persone nel guardarmi. Almeno spero. Inoltre sbandiero sempre una bandiera in onore del "Gruppo sbandieratori". Cosa che gli altri artisti di strada non fanno».

Il nostro artista di strada è un modello da seguire. «Nonostante tutto, non mi sento del tutto realizzato. Ritengo che nella vita si possa fare sempre meglio. La meta da raggiungere è ancora lontana - continua -. Durante gli ultimi istanti dello spettacolo, nel fatidico momento in cui espongo il mio messaggio, guardo negli occhi ogni singolo bambino spettatore. Lo faccio perché i fanciulli sono il futuro. Solo loro possono cambiare le cose. Solo loro possono dire basta. Basta alla corruzione, al razzismo, all'omofobia».

Gli chiedo di concludere l'intervista a suo piacere. Lui mi risponde con le frasi finali di tutti i suoi show: «Io sono Lino e questo è il mio lavoro. Esattamente, avete capito bene, il mio lavoro. Sono cresciuto, come molti di voi, nell'Italia della disoccupazione e ho scelto questo mestiere per poter lavorare sentendomi libero e rispettato. L'euforia, alle volte eccessiva, che mostro nel mio spettacolo è un modo che utilizzo per sfogare tutta la rabbia che provo verso questo mondo, che sembra ormai essere privo di solidarietà e umanità e che sembra aver dimenticato l'importanza di battersi per la giustizia e l'uguaglianza. Quindi, anche se vi sentite trasportati da una società schiava, impotente, insensibile, razzista, omofoba, sessista e corrotta, ricordate che bisogna sempre ribellarsi e lottare contro le ingiustizie. Perché se una qualsiasi ingiustizia non sta accadendo qui o non sta succedendo a voi non significa che non stia accadendo. Ricordate. C'è sempre un'altra strada».

Mariagrazia Mancuso

(studentessa del corso di giornalismo organizzato da Ottopagine nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)