La città di Damocle e le garanzie della libertà

Avellino non può vivere degnamente il suo presente affidandosi a un Damocle impaurito

la citta di damocle e le garanzie della liberta

Oggi si assiste alla crisi della politica soprattutto nel Mezzogiorno in quanto non più capace di distinguere tra élites politiche, preparate a dialogare con le richieste della moltitudine dei cittadini, e mercanti ambulanti...

Avellino.  

Nel 44 avanti Cristo Marco Tullio Cicerone completò la stesura delle “Tusculanae Disputationes”, una serie di lezioni o conferenze tenute in cinque giorni consecutivi nella sua villa nei dintorni di Tuscolo, una antica città preromana sorta sui Colli Albani, nel cuore storico dei Castelli Romani, dove si era ritirato a seguito delle scelte politiche di Cesare.

Nel quinto e ultimo libro delle “Tuscolane”, Cicerone ricorda la leggenda di Damocle, un fedelissimo di Dionisio, tiranno di Siracusa (libro V, 21, 61-62), convinto che il potere fosse solo fonte di privilegi e di lusso. Dionisio gli concesse di prendere per un po’ il suo posto elargendogli bellissimi servi e ricchezze abbaglianti, ma fece sospendere al soffitto, «proprio sopra la testa di quell’uomo felice», una spada scintillante attaccata a un crine di cavallo. Damocle resosi conto della situazione s’impaurì e «supplicò il tiranno di lasciarlo andar via perché non voleva più saperne di quella felicità». Cicerone in questo modo volle dimostrare che «non ci può essere felicità, se si è sempre costretti ad avere paura».

In questi opachi tempi, Damocle pare ritornare di moda soprattutto laddove la gestione del potere, sia locale che nazionale, appare così fluida e fragile. Ma vengo al punto.

Avellino attualmente è una città priva di politica in quanto priva di una classe dirigente credibile e adeguata ai processi di cambiamento in corso. Del tutto abbandonata a una insopportabile reiterazione di comportamenti e di disinvolte pretese politico-amministrative, la città, attualmente portatrice di linguaggi concilianti e accomodanti, vive squilibri che generano unicamente instabilità e incertezza.

Nelle ultime elezioni amministrative, non lo si può negare, si è eletto un assente/presente, un non candidato attraverso controfigure che non possono illudersi di essere libere di decidere ed agire senza la Licenza de’ Superiori. Il consenso è arrivato non su idee e programmi nuovi ma per convalidare un allineamento alla continuità “sospesa” soltanto dal fragoroso intervento della magistratura inquirente. Non si può travestire la realtà al punto da invocare, con scelte prevedibili e politicamente rozze, addirittura il cambiamento, la rottura con metodi e comportamenti abbondantemente condivisi nel corso di un quinquennio.

Avellino deve ritrovare un’opinione pubblica capace di mettere in discussione la realtà riattivando un percorso di verità, per poter proporre soluzioni e alternative credibili nel breve e nel medio periodo.

Nei decenni passati, quando il dorato potere della Democrazia cristiana dominava incontrastato, i sindaci di Avellino venivano indicati e magari revocati tra la serafica Collina dei Cappuccini e la ridente Nusco con scelte non sempre opportune ma funzionali ai meccanismi del sistema.

Oggi si assiste alla crisi della politica soprattutto nel Mezzogiorno in quanto non più capace di distinguere tra élites politiche, preparate a dialogare con le richieste della moltitudine dei cittadini, e mercanti ambulanti, in giro per acquisire candidature e gettoni di presenza.

I partiti, in gran parte dissolti o trasformati in omnibus a porte girevoli, vivono nella conservazione dei ruoli e nella reiterazione delle scelte. Volti malmostosi e impudichi, reduci da sconfitte a ripetizione, trovano il modo di rilanciare il bisogno del cambiamento proponendo ovviamente se stessi senza mai usare la nobile e morale tradizione delle dimissioni: il PD, ad esempio, ha perso puntualmente le ultime tre consultazioni comunali senza mai subire conseguenze né sfumature nella sua struttura organizzativa.

La formazione culturale degli amministratori, dei dirigenti e dei consiglieri di enti e istituzioni pubbliche viene ormai del tutto ignorata e le conseguenze sono drammaticamente visibili.

Per quel resto di niente con cui siamo costretti a fare i conti, parlamentari designati e consiglieri regionali, probabilmente, nella servile disponibilità del chiassoso feudatario normanno di Salerno, provano ad appagare, per la propria sopravvivenza elettorale, le richieste di nullità affamate d’incarichi, di imbonitori di quartiere, sovente portatori di voti conquistati, e occorre ripeterlo, attraverso pratiche di miserevole clientelismo bottegaio.

Avellino non può vivere degnamente il suo presente affidandosi a un Damocle impaurito né concedere ai tirannelli del consenso popolare ulteriori ‘chanches’. Basta con il vuoto etero-diretto al governo della cosa pubblica: basta con l’improvvisazione frutto di una mancanza di una cultura della moralità e della serietà pubblica; abbandoniamo l’idea quindi che la politica sia da intendere alla stregua di un generoso ufficio di collocamento per disoccupati e precari, talvolta, dediti, attraverso misteriose alchimie, alla violenta pratica del voto di scambio.

La conoscenza del passato, anche di quello recente, occorre affinarla per non lasciare nella solitudine i cittadini, prede ambite dal lato lugubre della politica. I reiterati giochi circensi proposti in questi mesi nel salmastro palazzo di Piazza del Popolo sono semplicemente vergognosi ma razionalmente inevitabili vista la natura della materia in gioco.

Un grande intellettuale, Vittorio De Caprariis (1924-1964), attualissimo studioso delle garanzie della libertà e raffinato conoscitore del pensiero politico francese moderno, in un saggio dal titolo “Le élites e la democrazia” (1962) scriveva: «l’avvenire della nostra libertà e della nostra civiltà dipende in parte anche dalla nostra capacità di trovare soluzioni necessarie». Appunto. Trovare soluzioni necessarie per non convivere né con le paure di Damocle né con la sfrontatezza ridicola dei venditori di felicità di mestiere.

L'autore è professore ordinario di Letteratura italiana all'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale